Un appello rivolto alle istituzioni da parte di Angelina Di Silvio. Si tratta della madre di Costantino Di Silvio, detenuto a Rebibbia da oltre 9 anni in espiazione pena, meglio conosciuto con l’alias “Patatone”, moglie di Ferdinando Di Silvio, capostipite della storica famiglia Di Silvio, ucciso con una bomba fatta esplodere sul lungomare di Latina il 9 luglio 2003, e figlia di Vincenza Spada, assassinata nella sua abitazione di Cassino nel 1999. La donna chiede giustizia per queste morti che hanno colpito lei e la sua famiglia.
“Mio figlio – ha scritto in una lettera aperta – sta scontando con dignità la propria pena nel rispetto delle decisioni assunte dalla Magistratura, assumendosi peraltro le proprie responsabilità da subito con un cumulo di pena che supera mezzo secolo di condanna interamente da scontare in carcere”. La donna lamenta che allo stesso è stato negato “ogni beneficio, come quello della continuazione dei reati, per il quale è ancora in attesa che il ricorso proposto nelle sedi opportune venga discusso”, e si dichiara fiduciosa che possa essere adottata “una decisione giusta nel rispetto dei diritti di ogni uomo, come del resto la richiesta relativa alla liberazione anticipata speciale”.
La sofferenza dovuta alla restrizione del figlio, per Angelina Di Silvio, è peraltro acuita dal fatto di essere ancora in attesa di poter avere risposte sul decesso della amata madre, Vincenza Spada, nonna di Patatone e zia di Carmine Spada alias Romoletto di Ostia, ferita brutalmente nella propria abitazione in Cassino nel lontano 1999, come emerse dalla disposta autopsia.
“Dopo 20 anni circa – si legge nella lettera -, la sottoscritta è ancora in attesa di conoscere la verità, nella speranza si possano fare lumi su quanto accaduto mediante un’auspicabile riapertura delle indagini, assistita dal difensore avvocato Pasquale Cardillo Cupo; altrettanto è in attesa di chiarezza per tale caso e nondimeno per l’uccisione del marito Ferdinando Di Silvio, detto ‘il bello’, capostipite della famiglia ed amato da tutti, tragicamente deceduto a Latina il 9 Luglio del 2003 dopo essere uscito per andare a lavoro”.
“Tali ricordi – afferma la donna – sono particolarmente dolorosi per la scrivente perché pervasi da un forte senso di sofferenza, ingenerato dal fatto che non è stato individuato il responsabile e che ad oggi la sottoscritta è ancora in attesa delle risposte che lecitamente attende da tempo, chiedendosi se pur avendo sempre rispettato le istituzioni come tutti i cittadini avrà mai una risposta ai suoi interrogativi e se saranno mai forniti i necessari chiarimenti come per tutti i normali cittadini”.
Chiede verità e giustizia anche per i suoi nipoti: “Molteplici sono le preoccupazioni, poiché il timore della scrivente è che i propri nipoti, nonostante gli studi e i sacrifici effettuati, possano essere gravati da pregiudizi e preconcetti in virtù del loro cognome”.
La signora Di Silvio conclude “chiedendosi come mai lo Stato Italiano, che ha per 40 anni seguito anche al mare il terrorista Battisti, al contrario per quanto tragicamente accaduto” a suo marito “nel 2003 in quel di Latina nel 9 Luglio 2003 non abbia saputo fare chiarezza”.