È morto per Covid il pontino Massimo Cuttitta, nonché leggenda del rugby.
Massimo, 54 anni, aveva contratto il virus insieme alla mamma, che se n’è andata tre giorni fa. Erano stati ricoverati insieme all’ospedale di Albano (provincia di Roma) dalla fine di marzo, era stata intubata prima la mamma Nunzia e poi anche lui, ma purtroppo la situazione non si è rivelata recuperabile.
Con il fratello Marcello ha costruito l’epopea dell’Italia che conquistò un posto nel Sei Nazioni.
La carriera
Nato a Latina da famiglia napoletana, Massimo, assieme al gemello Marcello e al terzo fratello Michael, ha scoperto il rugby in Sudafrica, dove la famiglia si era trasferita negli anni ’80. Michael avrebbe poi smesso per dedicarsi agli studi di ingegneria, mentre Massimo e Marcello avrebbero fatto la storia del rugby italiano.
Entrambi protagonisti di quel ciclo di successi che permisero all’Italia prima di avanzare la candidatura e poi di ottenere un posto nel nuovo Sei Nazioni, di cui Massimo fece in tempo a giocare la prima edizione, prima che un infortunio lo spingesse a mettere fine alla sua carriera internazionale.
Già da giocatore Cuttitta comincia a interessarsi alle dinamiche che poi avrebbe esplorato trasformandosi in un tecnico dalla grande efficacia. Lo chiamano a Edimburgo, poi torna per un breve periodo a L’Aquila, prima di accettare l’offerta della Scozia, dove si ritaglierà un ruolo fondamentale nella crescita della nazionale del Cardo.
Una famiglia legata comunque alle sue origini, quella dei fratelli Cuttitta, che nel 2011 aprono nella loro Anzio la scuola di rugby “Cuttitta Brothers”.
Il ricordo di Vaccari e Lo Cicero
Andrea Lo Cicero, oltre che ex grande rugbysta è attualmente conduttore televisivo, lo ricorda: “È stata un’ottima guida, ai giovani raccontava che davanti avevano un percorso da affrontare con voglia di fare senza mai arrendersi. Una persona squisita, tanto duro in campo quanto amorevole fuori, nel pieno stile dei rugbisti di una volta”.
Con Paolo Vaccari, invece, Cuttitta aveva condiviso il lungo viaggio verso il Sei Nazioni. Lo ricorda così: “Ero rimasto stupito di come quel giocatore così irruento fosse diventato un allenatore/educatore così maturo e sereno. Era contento di quello che è stato il suo percorso, che lo ha reso un uomo completo, capace di affrontare qualsiasi cosa”.