Roberto, il fratello di Donatella Colasanti e Letizia Lopez, sorella di Rosaria, si sono rivolti alla Corte Europea dei diritti dell’uomo. “L’Italia non ha cercato Andrea Ghira e deve pagare per non essere riuscita a punirlo con il carcere”. La vicenda del Massacro del Circeo sarà affrontata nella puntata di Chi l’ha visto di questa sera, 18 novembre. La volontà di andare avanti nella ricerca della verità era stata anticipata dall’avvocato Chiriatti già nel 2016.
Quell’anno ci fu la conferma che il corpo di Ghira era sepolto a Melilla, enclave spagnola in Africa, sotto il nome di Massimo Testa de Andres.
Questo è quanto emerse dalla seconda analisi del dna sul cadavere effettuata dai medici legali Giovanni Arcudi e Giuseppe Novelli su richiesta dell’avvocato Stefano Chiriatti, sollecitato dalla sorella di una delle vittime del massacro del Circeo, Rosaria Lopez.
Per quell’efferato delitto furono condannati all’ergastolo Gianni Guido, Angelo Izzo e Andrea Ghira. Quest’ultimo però fuggì all’estero, cambiò nome e morì nel 1994 probabilmente per overdose. Solo nel 2005 emerse che Ghira fosse sepolto in Marocco: gli investigatori ascoltarono una intercettazione nell’ambito di un’inchiesta che con questo fatto nulla aveva a che fare, in cui venne alla luce questo importante elemento.
Era ricercato in tutto il mondo, ma nessuno sembrava sapere dove si fosse nascosto. Fu allora che il cadavere fu riesumato, per accertare la verità. I medici legali dissero che con ogni probabilità si trattava dell’uomo che aveva preso parte alla violenza e all’omicidio dal quale solo per un miracolo uscì viva la seconda vittima: Donatella Colasanti. Ma questo non era sufficiente per Letizia Lopez: sua sorella prima di morire nel 2005, per un tumore al seno, le chiese di cercare la verità.
“Nel 2007 mi ha contattato la signora Lopez – ha detto l’avvocato Chiriatti sentito qualche anno fa – mentre mi occupavo del processo a carico di Izzo per il duplice omicidio commesso a Mirabello Sannitico in provincia di Campobasso dopo essere uscito dal carcere. Mi aveva posto il problema e chiesi una consulenza per capire se effettivamente ci fossero motivi di dubbio sulla risultanza dell’autopsia. Per questo presentammo un’istanza alla Procura di Roma che fu accolta. E oggi, grazie a strumenti diversi e molto più precisi, è stata raggiunta quella sicurezza che dieci anni fa non era possibile”.
Poi aveva anticipato la volontà di rivolgersi alla Corte Europea: “Quando avremo conferma ufficiale della notizia saremo pronti per adire la Corte Europea dei diritti dell’uomo: vogliamo capire se ci siano state responsabilità. Ghira era a un passo da casa nostra e nessuno sapeva? Nessuno è riuscito a trovarlo e ad assicurarlo alla giustizia? Voglio capire, come pure lo vuole la mia assistita, cosa sia accaduto esattamente in questi anni. Come sia possibile che una persona condannata per un omicidio tanto efferato possa essere sfuggito sempre ai controlli e non abbia fatto neanche un giorno di carcere”. Insomma la ricerca della verità dopo un delitto che sconvolse un’intera nazione non è terminata: troppe cose ancora non sono state chiarite.
IL MASSACRO DEL CIRCEO
Donatella Colasanti e Rosaria Lopez, rispettivamente 17enne e 19enne all’epoca dei fatti, vennero violentate, picchiate e seviziate in una villa in via della Vasca Moresca, in zona Punta Rossa a San Felice Circeo, il 29 settembre 1975.
Rosaria venne portata nel bagno al piano di sopra, dove fu picchiata e annegata nella vasca da bagno. Donatella invece riuscì a salvarsi: si finse morta nel bagagliaio della Fiat 127 di Raffaele Guido (padre di Gianni), accanto al corpo senza vita dell’amica.
La sua testimonianza, poi, risultò essenziale per l’arresto dei tre aguzzini: Gianni Guido, Angelo Izzo e Andrea Ghira. I fatti passarono alla storia come “il massacro del Circeo”: un delitto che sconvolse il Paese e sollevò la protesta del movimento femminista, una feroce polemica sugli assassini “fascisti e borghesi”.
Tutti e tre gli accusati furono ritenuti colpevoli, il 29 luglio 1976, e condannati all’ergastolo in primo grado (in contumacia per Ghira, che fuggì in Spagna). Izzo, nel 2004, ottenne la semilibertà dai giudici del tribunale di sorveglianza di Palermo: ne approfittò il 28 aprile 2005 per trucidare altre due donne, rispettivamente moglie e figlia di un pentito della Sacra corona unita.