“Potrebbe esser peggio”. “E come?”. “Potrebbe piovere”. E puntuale il fragore di un lampo anticipa la potenza di un acquazzone che si scatenerà di lì a qualche secondo. Ecco, questa immagine, che rimanda a una delle scene cult di Frankenstein Junior, capolavoro assoluto targato Mel Brooks, si è materializzata sabato scorso sotto gli occhi sbalorditi e un po’ compiaciuti di chi da mesi segue l’appassionante evolvere della scena politica al comune di Latina. Col centrodestra – manco a dirlo – nella parte del poveraccio che, già a pezzi per aver toccato il fondo, realizza la più crudele delle verità: non era mica il fondo, quello.
Già perché, mentre il segretario provinciale di Forza Italia Alessandro Calvi si tormentava a vergare la nota che sancisce la definitiva presa di distanze dagli ex alleati, poi ritrovati, poi persi di nuovo, infine ripresi (ma non del tutto) Tiero e Calandrini, dall’altra parte, sponda Pd, Enrico Forte assaporava infatti con sadico tempismo il gusto di giocarsi la carta migliore di tutto il mazzo: la candidatura in suo sostegno di Giovanni Malinconico. (Ecco, questo è il momento esatto per immaginare il fragore del lampo e l’acquazzone che comincia ad abbattersi sulle teste della ex maggioranza del capoluogo).
Eccolo il fondo, insomma. E quello vero. Quello cioè che sta un pelo più in basso di dove ritenevano di poterlo fissare i vassalli del centrodestra pontino, credendo di fare di quelle scuse alla città una specie di boa, di base per la virata e quindi di definitiva ripartenza in vista delle prossime amministrative. Invece no, invece è arrivata la sterzata, la marcia indietro, la secchiata d’acqua gelata sulla schiena di chi già pensava di rivederli ancora una volta insieme. “Senza regole certe per le primarie non si va da nessuna parte” ha scritto in altre parole Calvi nel documento in cui disimpegna i forzisti rispetto alle primarie di coalizione. E vagli a dare torto. Del resto solo uno sciocco – o, peggio, uno in malafede – non ci leggerebbe dentro il “trappolone azzurro” che in realtà le primarie del centrodestra promettono di essere con Forza Italia tra i partecipanti. Legittimo dunque che il segretario provinciale del partito a cui si vuol far fare la fine del sorcio, una volta fiutato l’odore di biscotto, si sfili senza troppi sensi di colpa.
Certo è che questa mossa svela con maldestro anticipo la precaria stabilità degli accordi che li aveva rimessi insieme proprio in occasione delle scuse alla città. E che, come se non bastasse, getta tutti gli attori, nessuno escluso, in un pantano di incertezza e precarietà e ritardo che complica per quanto ancora possibile la loro marcia verso il voto. Specie perché di là c’è un Pd, quello che traina la corsa di Enrico Forte, che dopo le primarie al veleno e il tempo perso nella delicata fase di riorganizzazione post primarie, pare stia velocemente recuperando strada, legittimazione, e con lei pure consensi. Malinconico è infatti il primo vero colpo ben assestato da Enrico Forte. A cui anche il tempo sembra aver cominciato a dare una mano in questo acceso debutto di campagna elettorale. Già, il tempo.
Lo stesso elemento a cui è legato anche il successo della battuta in Frankenstein Junior.
Perché tutto, a pensarci bene, passa da lì. Dal tempo in cui poi, effettivamente, comincia a piovere.