“Non mi sento né scrittrice né poetessa, ma regista di me stessa”.
Con queste parole Maria Concetta Arezzi, udinese di adozione, ha dato una sintetica ma profonda definizione di sé, quando, sabato 10 dicembre, si è immersa nella splendida cornice del Castello Caetani di Fondi, per presentare la sua quarta raccolta di poesie “E la vita diventa poesia…”.
“Ognuno di noi è poeta e scrittore di se stesso. – ha continuato la Arezzi, quasi come se in quelle circostanze stesse ancora una volta facendo poesia – Ogni verso racchiude un’emozione, ogni strofa una percezione, ogni lirica un ricordo”.
Non c’è un retroterra poetico, una fonte di ispirazione concretamente umana, “La mia è pura soggettività. Se dovessi comporre dei versi a comando, lo farei, perché ormai conosco le tecniche, ma non sarebbe come quando è la mia interiorità a parlare. La poesia per me è soprattutto desiderio di libertà, desiderio di soffrire e sorridere comunicando liberamente agli altri le sensazioni che un cielo stellato o una melodia penetrante riescono a trasmettere”
Una signora dallo sguardo vivace e sorridente, la Arezzi, che proprio attraverso gli occhi lascia trasparire le proprie emozioni, anche quando ha spiegato il motivo della dedica della sua quarta fatica letteraria a sua sorella, Clorinda “Lei è le fondamenta del mio passato, la costruzione del mio presente e sarà per sempre le mura del mio futuro”.
Verrebbe spontaneo a questo punto indagare sul significato del titolo della raccolta “E la vita diventa poesia…”.
Una ricerca di continuità, ha spiegato l’Arezzi, tra questa raccolta e la precedente, “E scrissi di…”, un’antologia di poesie di vario argomento. “Naturalmente con gli anni si cambia e sono le esperienze della vita che fanno danzare la penna e cambiare il colore dell’inchiostro. Ma devo certamente ringraziare il professore Peppino Riso per aver affinato la mia scrittura”.
L’opera poetica della Arezzi ha riscosso un successo notevole, tanto che alcune sue liriche sono state tradotte in lingua inglese e altre in arabo e pubblicate con grande successo dall’editore egiziano Mhmoud Alazharey, nella raccolta “Gli echi del mare”.
“La traduzione in lingua araba – ha commentato la donna – è stata resa possibile grazie alla traduzione inglese curata dal professore Peppino Riso. […] Una conquista per me, una donna, che le mie poesie siano state tradotte in questa lingua ed esposte alla Biblioteca del Cairo, data la tragica situazione che attualmente flagella quegli splendidi territori”.
Una donna che lancia un doppio sguardo alla realtà, Maria Concetta Arezzi, che è costantemente alla ricerca del significato nascosto nelle cose più piccole “Un po’ come il Fanciullino di Giovanni Pascoli guardava con occhio vergine i più semplici elementi della quotidianità”.