E’ durato più di due ore l’interrogatorio di garanzia di Isodoro Masi, il 55enne di Maenza, accusato di corruzione, turbata libertà degli incanti e associazione a delinquere nell’ambito dell’inchiesta Tiberio che lunedì scorso ha portato a clamorosi arresti. L’architetto Masi, in carcere a Latina da lunedì scorso, assistito dall’avvocato Giovanni Lauretti, ha risposto a tutte le domande postegli dal Gip Giuseppe Cario e dal sostituto procuratore Valerio De Luca fornendo la sua versione dei fatti a lui contestati.
L’architetto, dipendente della Provincia di Latina (che ieri si è visto sospeso dall’incarico di responsabile del settore Politiche della scuola), ha riferito al giudice di aver accettato l’incarico a scavalco di responsabile dell’ufficio tecnico di Sperlonga per dare una mano, ad un’amministrazione politicamente a lui vicina, a rimettere in piedi un settore municipale rimasto bloccato per mesi. Ha parlato apertamente del suo rapporto di amicizia con Cusani di cui ha avuto sempre profonda stima.
Masi si è quindi difeso dall’accusa di corruzione per la presunta omissione delle procedure amministrative per l’abbattimento degli abusi edilizi commessi nell’albergo Grotta di Tiberio, di proprietà di Cusani e del suocero Erasmo Chinappi, spiegando che quando era arrivato a Sperlonga la struttura era già posta sotto sequestro e che gli risultava che le finestre erano state già rimosse e di non aver mai ricevuto solleciti, da Procura o carabinieri, a differenza di altre situazioni, a procedere con ordinanze di ripristino dello stato dei luoghi.
In quanto alla presunta turbativa della gara d’appalto relativa ai lavori di riqualificazione dell’area archeologica di Villa Prato a Sperlonga, l’architetto Masi ha riferito di aver invitato tutte le ditte con requisiti che si erano accreditate a seguito dell’avviso pubblico del Comune, anzi due in più rispetto al necessario: dovevano essere 10, ma poiché le ditte che avevano aderito alla manifestazione d’interesse erano 12 sarebbero state invitate tutte e 12. Questo il senso del chiarimento di Masi che ha respinto l’accusa di aver partecipato alla formazione del cartello d’imprese. L’architetto avrebbe riferito, infatti, di aver conosciuto l’imprenditore Mauro Ferrazzano soltanto dopo l’espletamento della gara. E a proposito di conoscenze, Masi avrebbe anche respinto con forza l’accusa di associazione a delinquere, atteso che non conosceva nessun altro imprenditore della presunta cricca ad eccezione di Nicola Volpe, imprenditore edile sì ma prima di tutto consigliere comunali di Prossedi della sua stessa area politica. Una conoscenza quella con Volpe dettata da vicinanze territoriali, l’architetto di Maenza e il consigliere di Prossedi, e dalla frequentazione degli stessi ambienti politici.
Alla contestazione di aver usato nelle conversazioni intercettate un linguaggio “criptato”, Masi avrebbe risposto al contrario che quando Volpe gli si rivolgeva con espressioni tipo “burraco” o “ombrelloni” lui avrebbe palesato di “non comprendere”.
In quanto alla presunta “contropartita” dell’incarico di progettazione del luogo di culto per la Curia vescovile di Tivoli, a fronte dell’ipotizzata corruzione, l’architetto Masi ha riferito che l’incarico ricevuto dalla curia per tramite di Volpe era avvenuto due anni precedenti ai fatti contestati e che la parcella di 40mila euro, poi diventata di 30mila, non gli sarà mai corrisposta poiché l’accettazione dell’incarico era subordinato al finanziamento che sarebbe stato respinto.
E ancora quell’”1,2%” sospetto, secondo Masi altro non sarebbe stato che l’aggio legittimo spettante al responsabile unico del procedimento relativamente alle gare e non la “percentuale” per l’”aggiudicazione pilotata”.
Al termine dell’interrogatorio l’avvocato Lauretti ha chiesto che il suo assistito fosse messo ai domiciliari. Il Pm De Luca ha espresso parere negativo, il giudice si è riservato.
Già pronto il ricorso al Tribunale del riesame, da parte della difesa, contro l’ordinanza di misura cautelare emessa dal Gip.