La scoperta di Grotta Guattari al Circeo divide studiosi ed appassionati, tra i quali anche il premio Strega Antonio Pennacchi. La scoperta del sito avvenne per caso il 24 febbraio 1939, mentre alcuni lavoratori erano intenti ad estrarre pietre sulla proprietà del signor Guattari. Un’antica frana aveva infatti bloccato l’ingresso della grotta. All’interno assieme ad un cerchio di pietre, il proprietario scoprì cranio fossile di Uomo di Neandertal, ben conservato, mentre in superficie furono ritrovate due mandibole: Guattari 2 e 3.
Pennacchi ha raccontato il ritrovamento nel suo libro “Le iene del Circeo” riportando anche un’intervista all’ex sindaco Ajmone Finestra. Il senatore gli confidò di essere entrato nella grotta proprio nel 1939, quando aveva 17 anni, prima del ritrovamento e sarebbe stato tra i primi a vedere il cranio neandertaliano, anche se all’epoca non si sapeva ancora di cosa si trattasse di preciso.
Il 19 maggio scorso si è svolto il convegno per l’80esimo anniversario della scoperta della grotta, che si è svolto a San Felice il 19 maggio. Proprio in quella occasione Pennacchi ha di nuovo parlato della vicenda e dell’intervista. La sua ricostruzione però non ha convinto l’archeologo Flavio Altamura, ricercatore dell’università La Sapienza di Roma, che negli ultimi mesi si è occupato di alcuni studi sulla scoperta di grotta Guattari. I risultati sono stati presentati durante l’incontro.
Pennacchi ha ripetuto il rimprovero che da alcuni anni fa alla comunità scientifica: aver cassato la questione del circolo di pietre. Ha poi ricordato come siano state ignorate alcune testimonianze da lui raccolte negli anni, e in particolare proprio quella di Ajmone Finestra.
Finestra, scomparso sette anni fa, si era trasferito con la famiglia da Todi a Littoria nel 1934, per seguire il padre, un dirigente dell’Onc. Un giorno venne avvertito da un operaio della Laziale (società elettrica) che “facendo dei lavori vicino Guattari, erano caduti alcuni massi e aveva scoperto una grotta, aveva guardato nella grotta e aveva trovato un teschio”.
L’intervista si sofferma sul circolo di pietre, secondo Finestra mai toccate di recente.
“Nell’intervista – ci ha spiegato Altamura – Pennacchi fa un piccolo errore di collocazione temporale, ponendo l’arrivo di Blanc il giorno successivo alla scoperta del cranio (26 febbraio), mentre tutte le fonti, edite e inedite, sono concordi nel dire che l’accesso alla grotta fu scoperto casualmente durante gli scavi dell’operaio Vincenzo Ceci il 24 febbraio. La mattina del giorno successivo (25 febbraio) il cranio fu trovato da Alessandro Guattari e da Ceci con la collaborazione di Bevilacqua, che era sul posto e aveva fornito le lampade elettriche con cui si illuminò la grotta; Alberto Carlo Blanc, avvertito del ritrovamento in tarda mattinata, arrivò alla grotta alle 16 e prelevò il cranio per poi portarlo a Roma la sera stessa.
E ora arriviamo ad alcune considerazioni sui dati forniti nell’intervista, che Pennacchi ha fatto non bene, ma benissimo, a raccogliere e a registrare. Per prima cosa, un paio di osservazioni generali sull’affidabilità delle fonti orali nella ricostruzione storica. Bisogna tenere conto del fatto che Finestra aveva 90 anni quando ha rilasciato l’intervista. Molte informazioni sono lacunose o imprecise, proprio per l’effetto, direi fisiologico, dell’enorme lasso di tempo trascorso.
Ci sono poi – ha continuato Altamura – delle incongruenze insanabili tra il racconto e i fatti oggettivi, così come riportati dalle fonti scritte coeve. Finestra dice di essere arrivato sul posto in bicicletta nel pomeriggio, prima di Blanc (Le iene del Circeo). Ciò significa che dovrebbe essere giunto tra le 12 (limite orario minimo del pomeriggio) e le 16, quando arrivò lo studioso. In questo lasso temporale è assolutamente improbabile che presso la grotta non abbia incontrato nessuno per tutto il tempo di permanenza.
È Blanc (1939) a dirci, come ben sa, che: “(…) numerose persone (ragazzi, donne, dipendenti del Guattari ecc.) erano penetrate prima di me nella grotta e ne avevano asportato varie ossa. (…)”, suggerendo un certo viavai di curiosi inconciliabile con la visita descritta in solitaria.
Inoltre, nell’intervista Finestra riferisce di essere semplicemente arrivato tramite un piccolo ingresso ad una piccola grotta, con il teschio a terra. Come sa, il 25 febbraio del 1939, per vedere il cranio si doveva invece effettuare un percorso assolutamente complicato: si sarebbe dovuto strisciare carponi per una decina di metri lungo un cunicolo tortuoso, basso e stretto (quello delle famose foto con Blanc). Bisognava poi avanzare nell’antro principale, con una superficie più che accidentata, spostarsi di alcuni metri sulla sinistra, entrare nell’antro dell’uomo, voltarsi verso destra, e, tra cumuli di pietre e centinaia di ossa (anche nell’antro dell’uomo il piano ne era in parte ricoperto), saper riconoscere proprio un cranio e riuscire a distinguere il famoso circolo di pietre (non semicerchio). Cosa non facile anche per un addetto ai lavori, figuriamoci per un adolescente inesperto di cose paletnologiche, nel corso di una breve visita. E tutto questo, infine, nell’oscurità più assoluta, visto che gli scopritori della mattina, e Blanc il pomeriggio, si portarono dietro lampade elettriche, a cui Finestra nel racconto non accenna minimamente”.
Il caso si complica e si fa interessante. “Una notizia poco conosciuta – ha continuato l’archeologo – potrebbe dare tutta un’altra chiave di lettura alla testimonianza di Finestra. Nel settembre del 1939, ad alcune decine di metri a nord dalla famosa grotta, ma sempre all’interno della sua proprietà, Alessandro Guattari stava facendo alcuni lavori di allargamento nella sua cantina per il vino. Venne sfondata una parete di calcare (il crollo di pietre riportato dall’amico di Finestra?) e, con grande sorpresa, ci si ritrovò in un’altra grotta. La cavità fu poi denominata “Grotta Ines” in onore della moglie del Guattari. All’interno della grotta Guattari individuò un altro cranio, varie ossa umane e animali e, ovviamente, del pietrame. Dopo un sopralluogo degli archeologi, si accertò che il nuovo cranio e le altre ossa umane, appartenenti ad almeno due individui, erano però riferibili ad Homo sapiens; la presenza di frammenti ceramici, inoltre, suggeriva che i resti potessero risalire all’epoca romana”.
Quindi, ci dice sempre Altamura, un’altra piccola grotta, stavolta “ben accessibile e relativamente illuminata, la presenza di un cranio e di pietrame ben visibili su un piano superficiale abbastanza sgombro (come testimoniano alcune foto inedite dall’archivio Blanc, in fase di studio), e, forse, un’area relativamente più libera da curiosi: una situazione assolutamente compatibile con la descrizione di Finestra”.
Potrebbe essere Grotta Ines la “Grotta Guattari” che ricordava il diciottenne Finestra? Un piccolo mistero da indagare. Per ora resta l’importanza mondiale del ritrovamento sul territorio pontino.