Una medaglia d’onore per Aldemiro Casoni, il cittadino di Aprilia detenuto in un campo di lavoro nazista durante la seconda guerra mondiale. Ad annunciare l’imminente arrivo del riconoscimento, l’associazione Un ricordo per la pace, presieduta da Elisa Bonacini. Il prossimo 27 gennaio durante la cerimonia per la Giornata della memoria, presso la Prefettura di Latina la medaglia verrà consegnata direttamente ai famigliari. Un riconoscimento che giunge dopo la richiesta presentata dall’architetto Elisabetta Casoni, nipote di Aldemiro, che aveva preso contatto con il presidente dell’associazione Apriliana Elisa Bonacini, da anni impegnata nel progetto “Memoria agli I.M.I.”, divulgando nelle scuole la storia dei soldati Italiani dopo l’armistizio. Grande soddisfazione per l’associazione. Aprilia si piazza tra i primi posti nel territorio pontino per avere ottenuto dal 2012 (con il prossimo conferimento a Aldemiro Casoni) ben 12 medaglie ai suoi cittadini internati militari nei campi di concentramento nazisti durante la seconda guerra mondiale, di cui viventi Aldo Boccabella, Gino Forconi, Domenico Fusco. “La medaglia d’onore- spiega Elisa Bonacini- è l’onorificenza concessa dal Governo Italiano ai cittadini italiani civili e militari (se deceduti ai loro familiari), che dopo l’armistizio dell’ 8 settembre 1943 furono catturati e detenuti dai tedeschi nei lager nazisti non accettando l’adesione alla R.S.I. o alle formazioni delle SS. Furono circa 616.000 i militari italiani che vennero deportati nei campi di concentramento nazisti. Il loro status non fu quello di prigionieri di guerra, bensì di internati militari, abile stratagemma di Hitler per sottrarli alla tutela della Croce Rossa Internazionale. Gli Internati Militari Italiani (I.M.I.), considerati dai tedeschi “traditori” furono obbligati a svolgere lavori particolarmente duri e pericolosi, esposti al rischio dei frequenti bombardamenti, con turni massacranti che superavano a volte le 12 ore al giorno ed una scarsissima alimentazione. Circa 50.000 militari internati non sopravvissero e migliaia di loro morirono al rientro in Italia per le gravi malattie contratte nei lager, prima fra tutte la tubercolosi”.