Ha 45 anni e soltanto nel 2007 ha scoperto di aver contratto l’epatite C a seguito di una trasfusione, subito dopo la nascita, di sangue infetto. Oggi il Tribunale di Roma le ha riconosciuto un risarcimento danni di 140mila euro. Il Ministero della Salute è stato condannato con sentenza numero 15931/2017, notifica all’avvocato Renato Mattarelli che ha assistito la giovane nella sua causa.
Nata in un ospedale del Veneto, la donna vive e risiede a Latina. Dieci anni fa, dopo aver scoperto la malattia, è caduta in una grave depressione. “Se infatti non è facile accettare la condizione di ‘infettato’ quando si hanno 60/70 anni (questa è l’eta media in cui si manifestano le epatiti o l’hiv post-trasfusionale), è praticamente impossibile accettarla a 35 anni, quando si è nel pieno della vita – commenta l’avvocato -. La sentenza del giudice Carmen Bifano, infatti, valorizza principalmente il danno psichico alla vita di relazione (patito dalla giovane) piuttosto che il danno fisico epatico. Per chi infatti convive con l’epatite C – e, come la donna di Latina, ha sempre convissuto (pur non ancora sapendolo) con la malattia (contratta a seguito delle trasfusioni alla nascita) – tutto cambia, dalle abitudini igieniche a quelle alimentari, al rapporto con il coniuge e con i figli, si ha paura di contagiare gli altri, ci si sente tollerati”.