Metro, tram e treni pendolari: le città italiane fanalino di coda in Europa. E’ in sintesi il responso del rapporto di Legambiente, presentato a dicembre scorso nell’ambito della campagna “Pendolaria 2016” che mette a confronto il trasporto pubblico delle aree urbane del nostro Paese con quelle delle altre nazioni dell’Unione Europea. Ma il ministro Graziano Delrio, come è noto, ha già messo in atto, per arginare il rischio di infrazioni Ue, la “cura del ferro” con un piano di investimenti di circa 12 miliardi di euro, riservandone 1,3 alle reti metropolitane, per un trasporto più sicuro e pulito. La nuova mobilità programmata dal Governo, con l’obiettivo di liberare le strade e migliorare la qualità dell’aria e della vita, dà quindi la possibilità all’Italia di scalare la classifica europea dei trasporti.
Latina, nel trasporto pubblico locale, avrebbe potuto offrire già da anni il suo contributo con il suo progetto di metro leggera sul quale sta per essere posta la pietra tombale. Un mese fa, nel corso di una conferenza stampa indetta dalla giunta di Damiano Coletta, l’assessore Giulio Capirci, con delega alla Programmazione, ha dichiarato che “il progetto non può andare avanti poiché la Regione non lo supporta con il contributo chilometrico che è previsto dal piano economico e finanziario del progetto stesso”. “L’amministrazione, che intanto ha già contattato il concessionario – aveva aggiunto l’assessore -, sta esplorando un’ipotesi di risoluzione consensuale che è legata ad una serie di passaggi impervi. Resta l’intenzione di chiudere questo progetto al minor costo possibile per il Comune”. Una dichiarazione resa alla stampa a cui non è seguito un esame specifico del Consiglio comunale, sebbene i soldi in ballo siano una marea: da un lato 81 milioni e mezzo di euro (il 60% del costo dell’opera) assegnati dal Cipe per il progetto di Latina in project financing nell’ambito dei sistemi di trasporto rapido di massa e dall’altro la penale di circa 30 milioni di euro per la risoluzione del contratto con Metrolatina spa sottoscritta nel lontano 2007 oltre a 3,7 milioni già spesi.
La metro di Latina è rimasta al capolinea per il contributo a carico della Regione Lazio, in relazione ai km*vetture prodotti nella misura ipotizzata di euro 7,50/km*vettura. Una somma di gran lunga superiore a quella normalmente concessa dalla Regione per il trasporto pubblico. Ma non impossibile visto che la Regione Sardegna nel 2007 approvava il contributo di 7,21 euro a chilometro per la metropolitana di Sassari e che il Ministero delle Infrastrutture aveva affermato che nella delega al Governo in materia di federalismo fiscale si sarebbe provveduto a fissare criteri uniformi per ciascuna tipologia di servizio di trasporto pubblico locale. Non impossibile visto che nel 2008 e nel 2009 i governatori del Lazio, prima Piero Marrazzo e poi Renata Polvernini, dichiaravano l’importanza strategica dell’opera di Latina nel contesto del trasporto rapido di massa regionale e il proprio interesse alla realizzazione e alla gestione dell’opera autorizzando Cotral ad entrare nella compagine societaria di Metrolatina con la finalità di poter partecipare anche finanziariamente alla realizzazione dell’opera. Dichiarazioni a cui non seguivano atti specifici mentre a Latina il comitato Metrobugia denunciava che se l’opera fosse stata realizzata non si sarebbero potuti sostenere i costi gestionali con gravi ripercussioni per le casse comunali.
Ora l’amministrazione comunale, stando alle dichiarazioni dell’assessore Capirci, ha già deciso di rinunciare alla metro e al finanziamento pubblico a fondo perduto di 81milioni e mezzo convinta di poter evitare le penali. Non è ben chiaro per quale ragione Metrolatina dovrebbe rinunciare a quanto previsto nel contratto in caso di mancato buon fine dell’operazione. Su tutto pende la spada di Damocle della Corte dei Conti. E mentre l’Ue chiede al Governo italiano di cambiare rotta in materia di trasporti, a Latina è quasi pronta una gara da circa 24 milioni di euro per la nuova gestione del servizio di trasporto pubblico locale su gomma. Un servizio che, in base alla progettazione della metro, sarebbe stato notevolmente ridotto per la copertura delle linee principali con la tramvia.
L’idea di una metro leggera per la città di Latina, con due tratte Latina Scalo-Autolinee e Autolinee Q4/Q5, fu portata avanti all’inizio del nuovo millennio con grande entusiasmo, dall’allora sindaco Vincenzo Zaccheo, ricevendo negli anni il consenso di tutte le parti politiche, sociali ed istituzionali. Tanto che nel 2004 il Consiglio comunale all’unanimità approvò l’inserimento nel programma triennale delle opere pubbliche per la realizzazione della metro leggera di superficie con il sistema del project financing da realizzarsi mediante ricorso a capitali pubblici e privati. Con il finanziamento pubblico concesso dal Cipe si pensava cosa fatta. Ma con la caduta dell’amministrazione Zaccheo il grande progetto si è trasformato in una grande incompiuta con l’aggiunta delle carrozze. Sulla base di un parere pro veritate del professor Enzo Cardi che attestò che il contratto sottoscritto dall’amministrazione comunale con Metrolatina nel 2007 non presentava particolari criticità e che l’intervento finanziario pubblico per l’opera tiepida si giustificava per le rilevanti esternalità positive in termini di benefici sociali indotti dalla infrastruttura, il commissario straordinario del Comune Guido Nardone nel 2010 concordò con Metrolatina l’avvio dell’esecuzione del contratto con l’ordine delle carrozze. Una beffa a sei zeri.
Ci si chiede se la strada “impervia” della risoluzione del contratto prospettata dall’amministrazione a guida del sindaco Damiano Coletta, motivata da un costo di gestione a perdere secondo l’ipotesi “detrattiva”, sia davvero la più conveniente dal momento che comporterebbe la rinunzia di 81 milioni e mezzo di euro, il relativo indotto occupazionale, e un sistema di trasporto locale più vicino agli standard europei.