Patteggia la pena a sei anni e otto mesi di carcere il collaboratore di giustizia napoletano Pasquale Riccio, 44 anni, sotto processo perché accusato di avere avuto una parte nell’omicidio di Gaetano Marino, considerato un boss del clan camorristico degli Scissionisti, ucciso a Terracina ad agosto del 2012.
La sentenza è stata emessa dalla prima Corte d’assise d’appello capitolina, in accoglimento di un concordato di pena tra procura generale e difesa.
In primo grado, nel novembre 2018, Riccio era stato condannato a 10 anni di reclusione dopo il processo col rito abbreviato che riconobbe l’attenuante della collaborazione con la giustizia. Oggi al pentito sono state riconosciute le attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante della premeditazione contestata.
Il 23 agosto del 2012 il boss della camorra Gaetano Marino riceve una telefonata e lascia l’ombrellone all’ultima fila dello stabilimento Serenella a Terracina, per incontrare qualcuno. Arrivato al parcheggio oltre la strada, però, ad attenderlo c’erano dei sicari che lo hanno freddato con 11 colpi di pistola.
L’ordine di uccidere, secondo gli investigatori, sarebbe partito da Napoli, proprio nell’ambito di quella guerra tra i clan di Secondigliano in cui Gaetano Marino, dopo l’arresto del fratello Gennaro, aveva assunto un ruolo di rilievo. Quando il boss, insieme al suo guardaspalle, è risalito dalla spiaggia sul marciapiede, il killer ha sparato i colpi in rapida sequenza. Dieci, come confermato dall’autopsia, hanno raggiunto la vittima al torace e all’addome ma soprattutto al volto. L’ultimo, esploso da una distanza ravvicinata, alla nuca.
Pasquale Riccio è stato ritenuto dall’accusa colui che aveva avuto l’incarico di attendere l’esecuzione dell’omicidio per ripulire l’abitazione utilizzata come base logistica e nascondere le armi.