La Corte di Cassazione ha annullato nel luglio scorso il processo di Appello relativo all’omicidio di Anna Coviello, avvenuto il 14 giugno 2016 a Sperlonga. In Appello l’imputata, Anna Magistri, era stata condannata a 6 anni di reclusione, rispetto ai 16 anni del primo grado, perché il reato da omicidio volontario era stato derubricato a preterintenzionale. La donna era stata assolta inoltre dall’accusa di stalking. Secondo la Corte d’Assise d’Appello non voleva uccidere la sua collega delle Poste.
La Cassazione però non è convinta di questa interpretazione e ha disposto che il processo di secondo grado si svolga nuovamente davanti un’altra sezione della Corte d’Assise d’Appello di Roma.
Un successo per il procuratore generale e per le parti civili, i familiari di Coviello, assistiti dall’avvocato Dino Lucchetti, che avevano presentato il ricorso. Secondo il procuratore il forte pugno della alla vittima che aveva riportato la rottura del naso e dello zigomo e la caduta per precipitazione (Magistri avrebbe sollevato la collega e l’avrebbe fatta precipitare), dimostrerebbero che voleva ucciderla. Anche l’imputata aveva fatto ricorso, ma la cassazione l’ha dichiarato inammissibile.
La Cassazione spiega ora nelle motivazioni della sentenza che perché vi sia omicidio volontario è sufficiente “la consapevole accettazione da parte del medesimo anche solo dell’eventualità che dal suo comportamento possa derivare la morte del soggetto passivo”.
“Di conseguenza – continuano i giudici ermellini – lo snodo decisivo per la decisione sul punto era costituito dall’individuazione delle cause della caduta della vittima dalle scale del parcheggio, poiché erano state le lesioni conseguenti a tale caduta a provocare la morte della Coviello. Ebbene, come già si è trattato affrontando il ricorso della difesa dell’imputata, i giudici di merito concordano sul fatto che la vittima non fosse scivolata, né avesse perso l’equilibrio, ma fosse stata spinta volontariamente dalla Magistri giù dalle scale, urtando in maniera violentissima con la parte posteriore del cranio sul pianerottolo”. Secondo la Cassazione, quindi “le modalità brutali con cui l’imputata ha aggredito la Coviello fino a spingerla per le scale (…) dimostrano senza dubbio che la concreta possibilità dell’evento mortale fu ben presente nell’imputata come rischio realisticamente possibile, previsto ed accettato”.
Secondo la Cassazione inoltre, la Corte di Appello non motiva adeguatamente la convinzione che la Magistri non abbia potuto alzare la Coviello e buttarla per le scale, ritenendo più probabile che sia caduta e ruzzolata sugli scalini. In questo senso sarebbero state tralasciate le risultanze dell’autopsia, che indicavano una sola ferita profonda al cranio e nessun altro segno sul corpo come lividi che sarebbero stati causati dall’impatto con gli scalini.
La Cassazione ha quindi annullato la sentenza con rinvio ad altra Sezione della Corte di Assise di Appello di Roma, che riesaminerà il fatto nel suo complesso, “valutando tutte le risultanze probatorie disponibili e confrontandosi con le considerazioni svolte nella sentenza di primo grado, adottando una decisione adeguatamente motivata”.