Sembra di rivivere una storia già vissuta qualche anno fa. Allora c’era in gioco la sopravvivenza dell’ospedale civile di Sezze, oggi quella del Punto di Primo Intervento della Casa della Salute setina. Proprio la Casa della Salute di via San Bartolomeo ha rappresentato il risultato ottenuto dalla mobilitazione sollevata dal Comitato Le Virgole, un comitato popolare capace di sollevare l’opinione pubblica e smuovere la politica fino a ‘costringere’ l’allora appena eletto governato del Lazio Nicola Zingaretti, ad attuare quello che costituiva un punto del programma elettorale che gli valse la prima elezione, ovvero l’istituzione della Casa della Salute. Sulle ceneri del San Carlo vide quindi la luce l’attuale struttura che contempla come sua parte integrante il Punto di Primo Intervento, sorto anch’esso sulle ceneri di quello che fu il Pronto Soccorso. Il tutto messo nero su bianco e pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio numero 85 del 15 ottobre 2013. L’attuazione di un decreto ministeriale, il D. M. 70/2015 ripreso nell’allegato tecnico al Decreto del Commissario ad Acta della Regione Lazio (che è lo stesso Presidente Zingaretti) del 5 luglio 2017 n.257 al par. 5.1.1. prevede, tra le varie disposizioni “una graduale trasformazione dei PPI. Si prevede in coerenza con quanto disposto dal DM n. 70/2015, la trasformazione dei predetti PPI in postazione 118 medicalizzata. In tale contesto di riconversione potranno essere previsti punti di offerta di assistenza primaria organizzati come presidi ambulatoriali territoriali di medicina generale, nell’ ambito di quanto previsto dall’ Accordo recepito con DCA 376/2014”. Con l’avvicinarsi della scadenza di dicembre, dopo la rielezione di Zingaretti alla Regione, la tematica della chiusura dei PPI è arrivata prepotentemente alla ribalta delle cronache. A Sezze è nato un nuovo comitato “SOS Punto di Primo Intervento Sezze” che ha organizzato un convegno con la presenza delle Istituzioni sul tema. Il convegno è in programma per il 6 settembre 2018, ore 16,30 presso il Centro Sociale Calabresi. Anche la politica, pare aver riscoperto di colpo un tema accantonato per mesi; un Consiglio Comunale a Sezze, una specifica delibera a Priverno, una petizione a Sabaudia e un consiglio Comunale aa Cisterna durante il quale, il Direttore Generale della ASL Giorgio Casati ha dichiarato: “La Regione non vuole chiudere i PPI ma riorganizzarli”, “migliorare la funzionalità degli esistenti”.
Sull’intera questione interviene la giornalista, cronista in quel tempo dell’intera vicenda, nonché fondatrice del fu “Comitato Le Virgole”, Elisa Fiore che, insieme al sindaco di Bassiano Domenico Guidi, diede vita alla petizione da 10 mila firme che spinse Zingaretti ad attivare a Sezze la prima delle Case della Salute della Regione Lazio, inaugurata nel febbraio del 2013.
La Fiore parte sparata: “Negli atti della ASL si legge che l’azienda non ha problemi di risorse economiche tuttavia fa i conti con procedure farraginose”.
Le parole della Fiore vengono supportate da quelle messe nero su bianco sul Piano delle Performance 2017-19 elaborato dalla ASL di Latina che durante l’analisi del contesto interno, tra i punti di debolezza evidenzia:
“- la prolungata carenza di risorse umane non soltanto quantitativa, quanto qualitativa da attribuire ad innalzamento dell’età media, al fenomeno del precariato, a scarsa valorizzazione, a non completa applicazione degli istituti contrattuali
– la presenza di una visibile resistenza al cambiamento, una elevata conflittualità, un senso di appartenenza sviluppato a macchia di leopardo
– la non adeguata diffusione di capacità e competenze manageriali, l’insufficiente orientamento all’organizzazione per processi, lo scarso orientamento alla qualità”.
L’analisi della Fiore si concentra sulla Casa della Salute di Sezze: “Al suo interno lavorano, per il 35%, soggetti che dovrebbero andare in pensione entro due anni. Dunque il problema è legato alle professioni?
Dunque non si tratta di un rientro di spesa per le strutture? Dunque si sta barando? E già perché tra poco partirà lo scorrimento delle graduatorie e ci saranno nuove nomine. Con la fine del commissariamento lo stop è finito”.
A non convincere la Fiore sono però altri aspetti:
“Il Decreto Ministeriale 70 cui fa riferimento il Decreto del Commissario Ad Acta del luglio 2017 è un “Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera” e non fa riferimenti, già di suo, ad alcuna chiusura dei Punti id Primo Intervento. Il Decreto Ministeriale offre delle linee guida alle regioni, non dice di chiudere i Punti di Primo Intervento, anzi specifica che in caso di esigenza, i PPI possono diventare Pronto Soccorso. Parla di potenziamento della rete di emergenza ed urgenza, ma da nessuna parte c ‘è scritto della chiusura dei PPI. Queste chiusure sono a discrezione delle regioni, dopo aver valutato se un territorio necessita o meno di potenziamenti. La risoluzione presentata in Commissione Sanità non è stata votata dalla Lega, Fratelli D’Italia e dal Movimento 5 Stelle. Si è gridato allo scandalo, ma la votazione non avrebbe cambiato nulla, perché nulla c’entra con la chiusura dei PPI. Nell’allegato 1 del Decreto 70, il 2.2 recita: I presidi ospedalieri di base, con bacino di utenza compreso tra 80.000 e 150.000 abitanti, sono strutture dotate di sede di Pronto Soccorso con la presenza di un numero limitato di specialità ad ampia diffusione territoriale. Quindi quasi sarebbe pure obbligatorio avere un Pronto Soccorso. Inoltre I provvedimento regionale generale stabilisce che l’attività assistenziale esercitata per conto del Servizio sanitario nazionale, viene annualmente programmata dalla regione”.
Per non parlare poi di quel Bollettino Ufficiale della Regione Lazio n.85 del 15.10. 2013 “Raccomandazioni per la stesura degli atti aziendali di cui al DCA n.206 del 2013 relativamente all’organizzazione delle case della Salute”. L’atto istitutivo (contenente le linee guida per le ASL Laziali) spiega al punto 6:
“Presso la casa della salute è prevista la presenza ovvero uno stretto raccordo funzionale con la postazione più vicina al punto di soccorso mobile 118, dotato di personale medico a bordo, presente h24. Per le case della Salute di maggiori dimensioni con moduli funzionali aggiuntivi come successivamente descritto, nelle aree non metropolitane, può essere previsto un Punto di Primo Intervento in collegamento con i più vicini Pronto Soccorso o DEA. E Sezze rientra sicuramente in questa casistica anche se la presenza di un’ambulanza medicalizzata h24 è stata puntualmente disattesa in tutti questi anni.
Su questi appunti Elisa Fiore tuona ancora:
“Ci è mancata sempre l’ambulanza medicalizzata h24. Comunque rientriamo nella casistica per la presenza del PPI tanto di più che Sezze ha tutti i moduli funzionali aggiuntivi: dall’area delle Cure intermedie a gestione infermieristica al Centro territoriale per le demenze, antiviolenza, ecc… Tale programma aveva come scopo la riduzione dei costi derivati all’ospedalizzazione. Proprio il decreto del commissario ad acta è quell’atto che ha permesso a Zingaretti di decretare il rientro dal deficit di spesa. Se questa era la strada maestra cosa ha spinto a sollevare la gazzarra? La Casa della salute di Sezze ha inoltre tutti quegli asset gestionali e funzionali individuati dallo stesso decreto. Non ha però attivato tutti i percorsi diagnostico-terapeutici derivati dalla presa in carico del paziente in base ai percorsi dedicati ai malati cronici. Perché? Manca il percorso cardiologico e quello per le patologie epato-renali che rappresentano le malattie più diffuse tra gli anziani e i meno anziani. Allo stesso tempo, pur avendo eccellenti specialisti in medicina geriatrica, non ha dato a questi la possibilità di esercitare con coerenza e continuità socio-assistenziale quei protocolli attuati per demenze senili come Alzhaimer e Parkinson, costringendo la gente a migrare verso gli ospedali Roma. Il centro diurno geriatrico attivo nell’allora ospedale, è stato chiuso”.
Ultimo dubbio riguarda le mancate richieste, da parte della politica, e non che i medici nella politica setina siano mancati, nel corso degli anni, per attivare altri servizi come la riabilitazione post operatoria o l’implementazione dei servizi di ecografia e soprattutto la ricollocazione delle macchine per la radiologia nella sede in cui avrebbero dovuto essere stati ubicati i macchinari:
“Sono scelte apparentemente senza logica soprattutto dopo il rifacimento del Pronto Soccorso del san Carlo costato circa 10 milioni di euro e ristrutturato per l’ennesima volta due mesi prima dell’inaugurazione da parte di Zingaretti costata 300 mila euro cartellonistica e refresh delle superfici”.