La smania di voler fare tanto dell’amministrazione di Sezze, rischia di avere un effetto boomerang. Le ultime azioni messe in campo da Assessori e Consiglieri che caratterizzano la legislatura del sindaco Di Raimo, in sempre più frangenti puntano direzioni opposte che ne mettono in discussione la stessa coerenza.
In molti hanno notato l’opposto modus operandi intrapreso di fronte a due eventi del tutto similari: in occasione di una frana di alcuni massi su via Sorana, durante l’estate, alla rimozione (quasi immediata) dei sassi franati dalla montagna bruciata sulla sede stradale, è seguita la chiusura della via che ancora continua, in attesa dei lavori per la messa in sicurezza della stessa. Nei giorni scorsi, in occasione di una frana del tutto similare, se non più consistente, sulle Coste, o via Ninfina che si preferisca (già teatro più volte di simili eventi), l’intervento di rimozione dei sassi è astato ancor più veloce. Dopodiché tutto è tornato nella norma, senza neanche prendere in considerazione l’idea di chiudere la seconda delle tre vie di accesso al paese, per permetterne la messa in sicurezza.
Altro controsenso palese, quello nei confronti della Compagnia dei Lepini. Nelle scorse settimane, con gran clamore mediatico, il Consiglio Comunale Setino ha votato l’uscita dall’Ente cui partecipa insieme a tanti altri Comuni. Poche settimane dopo, alla presentazione del progetto della stessa Compagnia dei Lepini, del nuovo sistema che mette in rete le biblioteche comunali, ben due assessori dell’esecutivo Di Raimo, ovvero Paola Di Veroli e Pietro Ceccano, erano al tavolo delle autorità, accanto al presidente della Compagnia Quirino Briganti, presso la sala Ercole del Museo Archeologico di Sezze, a lodare l’operato della Compagnia.
Si arriva così al Piano Triennale delle Opere Pubbliche, varato dalla Giunta e ancora in attesa del vaglio del Consiglio Comunale. Tra le 19 opere in lista, c’è il completamento del Teatro Italiano; per finire l’Eco mostro Anfitatro, la Giunta ha destinato 600 mila euro da investire nel 2018. Ciò nella totale noncuranza di un contenzioso arcinoto che pende sull’opera e per il quale, l’amministrazione precedente, di cui parecchi dell’attuale facevano parte, ha anche imbastito una difesa. L’opera incompleta infatti, è stata fino ad ora portata avanti (avanti si fa per dire visto lo stato dei luoghi), grazie a fondi europei; la stessa commissione che li ha elargiti però, li ha richiesti indietro tramite la Regione Lazio proprio perché l’opera risulta un’incompiuta. Senza contare che, quei 600 mila euro, non basterebbero neppure a completare lo scempio.