Il giudice Imposimato, del tribunale di Roma, ha condannato la settimana scorsa il Ministero della Salute ad un risarcimento ulteriore per non aver controllato il sangue trasfuso nel 1985 ad una ragazzina di 15 anni caduta dal motorino nel 1985.
Alla donna pontina dovranno essere risarciti altri 50mila euro per un totale 270mila euro con gli arretrati già riconosciuti dal tribunale di Latina oltre all’assegno mensile di 800 euro a vita.
L’avvocato Renato Mattarelli che ha assistito la donna nelle due cause di Latina e Roma, non esclude un appello alla sentenza capitolina nella parte in cui non riconosce il principale danno patito: sindrome depressiva reattiva alla consapevolezza del contagio.
E’ il danno alla salute psichica che, forse più dell’epatite C trasmessa dal sangue infetto del 1985, rappresenta per la donna pontina il maggior pregiudizio.
Come tutti i soggetti infettati da virus patogeni come l’epatite B, l’epatite C e l’Aids, per la donna di Latina il più grande disagio è quello di convivere con se stessa e con i familiari che possono rischiare di essere contagiati a loro volta. Fra le più insopportabili conseguenze vi è anche la paura di informare gli altri di essere positivi ad un virus infettivo.
A prescindere dall’appello, l’avvocato Mattarelli sta preparando una class action di diversi danneggiati da sangue infetto per chiedere alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo di condannare l’Italia per la violazione dei diritti fondamentali della persona umana: oltre al grave ritardo nel riconoscimento del danno alla salute in Tribunale (nei casi di emotrasfusi anche fino a 50 anni dopo) vi è il ritardo nei pagamenti delle condanne statali e a cui il Ministero della Salute provvede dopo 4/5 anni dal passaggio in giudicato delle sentenze. Sussiste inoltre la temerarietà dello Stato che resiste ai giudizi di risarcimento pur sapendo della giustezza della richieste di risarcimento di quanti nel trentennio ricompreso fra metà degli anni ’60-’90 hanno subito trasfusioni di sangue notoriamente non controllato, a volte anche dolosamente pur di favorire il mercato delle fabbriche farmaceutiche produttrici di plasmaderivati.
L’esempio della ragazzina di 15 anni di Latina che cadde dal motorino e venne trasfusa ed infettata nel 1985 per essere indennizzata e risarcita dopo 35 anni è un esempio emblematico di questa ingiustizia che oramai si perpetra da 50 anni.