Il processo “Dune”, che ha attirato l’attenzione sull’amministrazione comunale di Sabaudia, ruota attorno agli appalti per la costruzione di impianti destinati ai campionati mondiali di canottaggio. Tra gli imputati figurano l’ex sindaco Giada Gervasi, l’ex assessore ai lavori pubblici Innocenzo Angelo D’Erme, l’ex consigliere comunale Sandro Dapit, l’ex direttore generale del Comitato Sabaudia MMXX Luigi Manzo e il funzionario comunale Giovanni Bottoni. Le accuse spaziano dal peculato alla corruzione, dall’induzione indebita alla falsità ideologica.
Il luogotenente del Nucleo investigativo dei carabinieri, Riccardo Cenci, ha testimoniato davanti al primo collegio penale del Tribunale di Latina, descrivendo dettagliatamente le intercettazioni telefoniche che hanno svelato il meccanismo di assegnazione pilotata dei lavori. Durante quasi tre ore di deposizione, Cenci ha risposto alle domande dei pubblici ministeri Antonio Sgarrella e Valentina Giammaria, illustrando come sindaco, assessore e funzionari cercassero di escludere la Dea Costruzioni, vincitrice della gara per il campo di gara sul lago, in favore dell’impresa dell’imprenditore Giuseppe Pellegrino.
Due riunioni sono risultate particolarmente rilevanti: quella dell’8 dicembre 2019 a casa del sindaco e quella del 9 gennaio 2020 presso il museo cittadino. Le intercettazioni hanno rivelato che il Comune e il Comitato MMXX avevano creato due stazioni appaltanti separate per mascherare l’assegnazione sistematica degli appalti alle stesse imprese. L’assessore D’Erme non accettava l’esito della gara e cercava di escludere le ditte classificatesi ai primi due posti per favorire un’azienda amica. Una frase intercettata, “Gli altri li buttiamo fuori”, è diventata emblematicamente parte degli atti del processo.
Il Comune di Sabaudia, rappresentato dall’avvocato Marco Rossi, si è costituito parte civile, così come l’associazione ‘Caponnetto’, la Dea Costruzioni e Antonio Vitelli, dipendente comunale inizialmente indagato e poi riconosciuto come parte lesa.