Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis) ha rigettato il ricorso presentato da Maria Ludovica Papi e Pier Giorgio Paladino, rappresentati e difesi dagli avvocati Giuseppe Lavitola e Irene Giuseppa Bellavia, contro il Comune di Sabaudia, nella persona del commissario straordinario pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Salvatore Mileto, e la Regione Lazio, nella persona del presidente della Giunta pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Elisa Caprio, per l’ottemperanza della sentenza 7250/2013 relativa alla lottizzazione Papi.
La storia della lottizzazione Papi, o della Società Agricola Pontina, si perde nella notte dei tempi e attraversa oltre mezzo secolo di storia urbanistica della città nuova. Tutto ebbe inizio nel 1963 quando la Commissione edilizia del Comune di Sabaudia approvò il progetto in zona agricola, in base all’allora programma di Fabbricazione. I terreni di Papi restarono in massima parte inedificati, mentre l’amministrazione comunale si organizzava per dare vita al Piano Regolatore Generale che sarà approvato nel 1977. Fu a questo punto che la proprietà dei terreni in questione scoprì che la maggior parte delle aree rimaste inedificate erano state destinate a verde pubblico. Iniziò la guerra in sede di giustizia amministrativa, mentre le leggi cambiavano con l’arrivo dei Ptp, Ptpr e così via.
Con la sentenza 7250/2013 il Tar aveva annullato la delibera di Consiglio comunale del 2010 con la quale si adottava la variante al Prg relativa alla rizonizzazione delle aree site in località Caterattino ma al contempo aveva rilevato la necessità di meglio valutare la sussistenza dei presupposti di applicabilità delle norme tecniche attuative dei Ptpr. La stessa sentenza diede origine ad un ulteriore contenzioso conclusosi con sentenza numero 2868 del 4 marzo 2016 che aveva ordinato al Comune di Sabaudia di provvedere, entro 60 giorni, all’esecuzione della sentenza numero 7250 del 2013, oltre che della sentenza del Consiglio di Stato numero 1303 del 2015 avente ad oggetto un’area limitrofa a quella dei ricorrenti. Ebbene, sarà proprio la sentenza del 4 marzo 2016, a gettare nelle ortiche la richiesta di ottemperanza del giudicato del 2013 avanzata dai privati. Perché tra i primissimi atti approvati dal commissario straordinario Antonio Luigi Quarto, subentrato al sindaco sfiduciato Maurizio Lucci a maggio 2016, c’è stato il deliberato numero 22 (assunto con i poteri del Consiglio comunale), con cui sono stati stabiliti i criteri per la pianificazione delle aree oggetto del contenzioso.
I criteri, in particolare, sono i seguenti, come citato nella sentenza depositata ieri, 22 giugno 2017: riconoscimento di validità urbanistica alla destinazione a sede di insediamenti di alto livello turistico a carattere residenziale per le aree in questione; rispetto dei criteri pianificatori del vigente piano regolatore generale, con l’esigenza di attenuare l’edificabilità mano a mano che il centro urbano degrada verso le zone di particolare pregio ambientale; applicazione dei parametri di cui all’articolo 8 della legge numero 72 del 1975 per la destinazione urbanistica a sede di insediamenti di alto livello turistico a carattere residenziale; necessaria corrispondenza dei previsti insediamenti con quanto disciplinato dall’articolo 13 bis delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale, ad esclusione della dimensione del lotto minimo, dell’indice di copertura, dell’indice di fabbricabilità fondiaria, dovendosi tenere conto di tutti i parametri e dei valori paesaggistici delle aree; decurtazione dei volumi esistenti legittimi dal volume complessivamente realizzabile. Così il commissario Quarto aveva approvato la bozza di delibera ereditata dall’assessore all’urbanistica Vincenzo Borrelli andato via da Sabaudia, poco più di un mese prima, con la sfiducia al sindaco Lucci (che ha sempre sostenuto di essere stato fatto fuori, politicamente, per questioni legate all’urbanistica di Sabaudia).
Il collegio del Tar – presidente Elena Stanizzi, estensore Antonio Andolfi – ha ritenuto infondate le eccezioni mosse dal ricorrente poiché “il giudicato potrà dirsi eseguito soltanto quando la ripianificazione delle aree sarà stata completata” e “la determinazione dei criteri assegnati ai tecnici incaricati della redazione dello strumento urbanistico costituisce un principio di esecuzione”.
“Il commissario prefettizio, avendo riconosciuto validità urbanistica alla precedente destinazione del terreno a sede di insediamenti di alto livello turistico a carattere residenziale – si legge nella sentenza -, ha correttamente preso atto del giudicato; giudicato che si limitava ad imporre all’autorità amministrativa di valutare la compatibilità delle aspettative dei ricorrenti, derivanti dal previgente piano attuativo, con i vincoli paesaggistici e urbanistici sopravvenuti”. “In relazione al ricorso che viene in decisione – si legge ancora -, sono infondate le censure mosse ai criteri adottati dal commissario prefettizio, correttamente esecutivi del giudicato in quanto riconoscono alle aree controverse la destinazione urbanistica turistico-residenziale, limitando le potenzialità edificatorie conformemente alle sopravvenute norme urbanistico-edilizie e al rispetto dei vincoli paesistici”. Il Tar ha quindi ritenuto che “non possono essere accolte le pretese dei ricorrenti a mantenere intatte le potenzialità edificatorie riconosciute con l’originario piano di lottizzazione, oramai superato”, respingendo il ricorso “non essendo stata accertata alcuna violazione o elusione del giudicato”.