Ieri, dopo una lunga camera di consiglio, la Corte di Appello di Perugia ha accolto l’istanza di revisione del processo presentata dalla difesa di Davide Artusa, condannato in via definitiva a due anni e sette mesi di reclusione per rapina aggravata in ordine ad un colpo messo a segno presso i magazzini Maurys di Latina il 14 novembre 2009.
Il fatto
Quel giorno, in orario di chiusura, due malviventi travisati con passamontagna e armati di due grandi coltelli fecero irruzione e costrinsero le cassiere a consegnare loro tutto l’incasso, circa 3.400 euro in contanti. Dopo la fuga vennero individuati e arrestati due uomini – volti noti alle forze dell’ordine – di Latina, Mauro Mengoni e Davide Artusa, riconosciuti come gli autori del fatto da alcune persone presenti alla rapina. Il primo ammise le sue responsabilità; mai alcuna dichiarazione venne resa da Artusa, rimasto assente nel corso del processo e condannato in via definitiva a due anni e sette mesi di reclusione per rapina aggravata.
La revisione
Al momento della carcerazione, a causa della sentenza divenuta definitiva, Artusa ha nominato l’avvocato Pasquale Cardillo Cupo a cui ha rappresentato la sua totale estraneità alla contestata rapina che gli stava valendo una condanna definitiva. La difesa, recuperata la documentazione processuale, e valutando carente il quadro probatorio, ha presentato istanza per la revisione del processo a Perugia, dove ieri – dopo una lunga camera di consiglio – la Corte di Appello ha accolto la richiesta avanzata dal penalista Formiano e ha ordinato l’immediata liberazione di Artusa essendo emersi elementi nuovi tali – spiega Cardillo Cupo – da minare profondamente le certezze che inizialmente sembravano accompagnare la sentenza definitiva.
“Infatti – commenta l’avvocato – dall’analisi della documentazione è emerso come i due profili genetici estratti dai passamontagna davano un risultato anomalo, in quanto emergeva che mentre uno era riconducibile a Mengoni, l’altro era incompatibile con Artusa, il quale aveva dichiarato peraltro di non aver mai posseduto il giubbotto a lui attribuito come quello indossato da uno dei due rapinatori e rinvenuto in una traversa accanto al luogo dei fatti”.
L’attività di investigazione difensiva ha avuto modo di evidenziare come l’autore della rapina fosse da individuare in altro soggetto e non in Artusa, sollecitando l’esame del Dna anche sul giubbino sequestrato, al fine di scagionare definitivamente Davide Artusa dalle ingiuste accuse.
La Corte di Appello di Perugia, accolta l’istanza dell’avvocato Cardillo Cupo, ha rinviato al 17 dicembre prossimo per nominare un biologo e procedere a nuova perizia, accogliendo altresì la richiesta della stessa difesa di revocare nel frattempo con ordinanza l’esecutivitá della sentenza e liberando l’imputato, con una decisione tutt’altro che scontata essendo la revisione un mezzo straordinario riservato a casi eccezionali, trovandosi di fronte ad una sentenza che era divenuta definitiva ed esecutiva, o che almeno cosi sembrava fino a ieri.