È stato presentato presso la biblioteca comunale di Palazzo Caetani a Cisterna, il nuovo romanzo del premio Strega Antonio Pennacchi. “Il delitto di Agora. Una nuvola rossa” originariamente pubblicato con il titolo “Una nuvola rossa” del 1998, è stato rielaborato e modificato cambiandone il finale dopo circa vent’anni.
Agora, come ha tenuto a specificare l’autore “è una sorta di universo parallelo” un luogo che diventa scenario di un delitto, liberamente ispirato a fatti accaduti. Pennacchi apre il suo libro affermando che non aveva nessuna intenzione di scriverlo, poi casualmente gli capitò tra le mani l’istruttoria di quello che venne definito “il delitto dei fidanzatini” avvenuto a Cori 20 anni fa, in cui persero la vita Elisa Marafini e Patrizio Bovi uccisi con 184 coltellate. Era il 9 marzo del 1996. A scoprire i cadaveri furono il padre di lei e il fratello e il comune amico della coppia. A compiere il delitto un ragazzo di Cisterna, incastrato da una macchia di sangue.
Tuttavia la sentenza non convinse Pennacchi.
Affascinato dal linguaggio di polizia, stereotipato e pieni di luoghi comuni, riesce a trarne un libro che in parte potremmo definire giallo nonostante non si definisca un giallista. Tutto inizia ad Agora, un “paesaccio” dell’agro pontino, che una notte di fine febbraio diventa il teatro di un cruentissimo delitto: Loredana ed Emanuele, giovani fidanzati, vengono ritrovati uccisi. A scoprire i cadaveri sono il padre e il fratello della ragazza, insieme a Giacinto, un amico delle vittime, ovviamente le prime tre persone informate sui fatti che la polizia interroga.
Sceglie un non-luogo e racconta il ruolo di una comunità, il paesino di provincia e tutte le sue sfaccettature in cui tutti conoscono tutti e quindi storie, pettegolezzi e leggende. Diversamente da quel che si potrebbe immaginare dal titolo del libro, tutto ruota attorno al popolo, il vero protagonista del romanzo. L’indagine sul delitto diviene indagine sull’esistenza umana e sull’inconoscibile del reale.
Una serie di testimonianze discordanti, contraddizioni nei racconti, non rendevano facile la comprensione di quanto era accaduto. A distanza di vent’anni Pennacchi ci mette la faccia sostenendo che il colpevole in realtà sarebbe innocente. Da qui secondo l’autore la spasmodica ricerca della verità, la necessità di trovare un capo espiatorio, sintomo di una crisi profonda.
La memoria storica e i fatti trovano libero sfogo tra dialoghi dialettali e coloriti. Esattamente com’è lui.
Quello che colpisce di Pennacchi, oltre il suo modo di fare irriverente, è la totale imprevedibilità come quando nel bel mezzo della presentazione chiede al sindaco di Cisterna, Mauro Carturan, di essere sepolto sull’argine del Canale Mussolini, dalla parte di Cisterna.
La fervida immaginazione che lo contraddistingue spesso collima con la necessità di una memoria collettiva. Ogni suo libro è un pezzo della nostra storia. Lo scrittore si è fatto portavoce e ambasciatore delle terre pontine. In questa continuità tra passato e futuro sta la chiave di volta del suo garbuglio interiore, che forse è anche un po’ il nostro.
Raffaela Russo