Arrestata la candidata a Terracina nelle elezioni del 2016, imprenditrice dell’olio a Sonnino, Gina Cetrone. L’inchiesta Alba Pontina e le parole dei pentiti Agostino Riccardo e Renato Pugliese hanno avuto il loro seguito.
Questa mattina la Squadra Mobile di Latina ha dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 28 gennaio scorso dal gip del Tribunale di Roma, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Roma del 9 ottobre 2019, nei confronti Armando Di Silvio, detto Lallà, Gianluca e Samuele Di Silvio, ma anche di Gina Cetrone e il marito Umberto Pagliaroli. Sono indagati a vario titolo per estorsione, atti di illecita concorrenza e violenza privata, reati aggravati dal metodo mafioso.
Le indagini in questione costituiscono l’esito di un ulteriore approfondimento investigativo che questa Squadra Mobile sta conducendo, sotto la direzione ed il coordinamento della Direzione distrettuale Antimafia di Roma, circa le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Renato Pugliese e Agostino Riccardo.
Gli accertamenti hanno ricostruito un’estorsione, ma hanno anche trovato riscontri di alcuni illeciti connessi a competizioni elettorali nella provincia di Latina. In particolare Agostino Riccardo e Renato Pugliese, proprio su determinazione di Cetrone e Pagliaroli, avrebbero costretto addetti al servizio di affissione dei manifesti elettorali di altri candidati alle elezioni comunali di Terracina del giugno 2016, a non coprire i manifesti della candidata, costringendoli ad affiggerli solo in spazi e luoghi determinati, in modo che i manifesti di quest’ultima fossero più visibili degli altri.
Nell’aprile del 2016, inoltre, Gina Cetrone e Umberto Pagliaroli, quali creditori nei confronti di un imprenditore di origini abruzzesi, in relazione a pregresse forniture di vetro effettuate da una società a loro riconducibile, avrebbero chiesto l’intervento di Samuele e Gianluca Di Silvio e Agostino Riccardo per la riscossione del credito, dopo aver ottenuto l’autorizzazione di Amando Di Silvio, secondo gli inquirenti “capo dell’associazione di stampo mafioso a lui riconducibile”.
Cetrone e Pagliaroli dopo avere convocato l’imprenditore presso la loro abitazione, gli avrebbero chiesto il pagamento immediato della somma dovuta, impedendogli di andare via a bordo della sua macchina. In tale contesto, lo avrebbero costretto ad attendere Riccardo e i Di Silvio. Questi li avrebbero quindi minacciato prospettando implicitamente conseguenze e ritorsioni violente nei confronti della sua persona o dei suoi beni.
Lo avrebbero così costretto a recarsi il giorno dopo in banca, sotto la stretta sorveglianza di RICCARDo, Samuele e Gianluca Di Silvio e Umberto Pagliaroli, che lo attendevano fuori dall’istituto bancario, ad effettuare un bonifico di 15.000 euro a favore della società, nonché a consegnare a loro “per il disturbo” 600 euro.