Gli agenti della Squadra di Polizia giudiziaria del Commissariato di Terracina in questi giorni hanno notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari a 23 indagati a seguito dell’operazione “Pit Stop”. Ad esito della complessa attività investigativa, coordinata dal sostituto procuratore Marco Giancristofaro, titolare dell’inchiesta, è stata fatta luce su numerosi episodi di falsi sinistri stradali organizzati da un’associazione a delinquere che, secondo gli inquirenti, si avvaleva della figura centrale di un broker, D.V.S. terracinese di anni 51, fiduciario di centinaia di clienti e di gran parte delle compagnie assicurative operanti nella provincia di Latina, unitamente a A.C. di anni 63 e M.C. di anni 43, rispettivamente padre e figlio, titolari di una nota carrozzeria plurimandataria della maggiori compagnie assicurative sita a Terracina.
Perquisizioni e sequestri
La complessa attività d’indagine, che ha portato all’analisi di oltre 70 sinistri stradali e all’escussione di circa 200 persone, tra soggetti informati sui fatti ed interrogatori agli indagati, ha avuto origine nell’anno 2012 quando, dalla perquisizione personale estesa alle abitazioni nella disponibilità del broker assicurativo, emerse copiosa documentazione e materiale informatico che sono stati oggetto di approfondita catalogazione ed analisi in quanto reputati di dubbia genuinità e pertanto sottoposti a sequestro. Nello specifico centinaia di moduli di constatazione amichevole di sinistro furono incrociati con altri dati evidenziando delle anomalie poi rivelatesi dei veri e propri falsi documentali. A confermare l’impianto probatorio hanno contribuito le risultanze dell’analisi del software gestionale installato sul personal computer della carrozzeria, anch’esso sottoposto a sequestro.
La carrozzeria compiacente
I dati emersi hanno consentito agli investigatori di appurare come, all’interno dei locali dell’attività commerciale, avveniva la preparazione, l’istruttoria e la richiesta d’indennizzo diretto alle compagnie assicurative, con il confezionamento di ogni atto richiesto dalla normativa e compendiata dalle fotografie dei veicoli incidentati. Tra i molti casi accertati si è rilevato che all’organizzazione si rivolgevano una pluralità di soggetti pregiudicati e non. Al termine dell’attività d’indagine espletata su quelle sospette pratiche di rimborsi assicurativi di sinistri stradali, sono emerse ipotesi di responsabilità penali degli appartenenti ad una presunta associazione a delinquere ideata e studiata allo scopo di flettere e stravolgere le maglie di una normativa, quella del cosiddetto indennizzo diretto del risarcimento assicurativo, utilizzata in modo “ingegnoso” in danno delle compagnie assicurative e dell’intera clientela. Dall’articolata attività investigativa emerge un programma criminoso in grado di eludere qualsiasi ordinario controllo ad opera di preposti enti ed autorità, e pertanto di essere praticato con stimabile successo per una serie indeterminata di delitti, tutto incentrato sulla celerità ed esiguità dei rimborsi assicurativi.
L’abile broker
L’ideatore di questo metodo ingegnoso, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, sarebbe il broker assicurativo le cui capacità professionali non si limitavano al solo fatto di essere uno stimato e noto professionista accreditato presso varie compagnie assicurative. “Lo stesso, che si era anche attribuito dei titoli accademici in realtà mai conseguiti, è dotato di non comuni capacità di analisi e comunicative grazie alle quali nessuno ha mai dubitato della sua onestà – riferiscono gli inquirenti -. Offriva soluzioni vantaggiose ai suoi clienti celandogli però che, di tanto in tanto, gli ‘caricava’ finti incidenti. Quando poi, a distanza di tempo, giungevano aumenti o comunicazioni legati a quelle polizze assicurative, alle legittime richieste dei clienti sapeva fornire credibili argomentazioni ed offrire vantaggiose ‘scontistiche’ riparatrici di quelli che definiva ‘disguidi’ o ‘errori commessi dalla sua segretaria’”.
La carrozzeria compiacente
Al contempo i titolari della carrozzeria – sempre secondo la ricostruzione degli inquirenti – offrivano al broker le generalità delle controparti necessarie per confezionare i falsi sinistri stradali. Non mancavano infatti i clienti che avendo danneggiato il proprio veicolo autonomamente, non potendo richiedere alcun risarcimento assicurativo, si prestavano alla truffa. Bastava lasciare il veicolo in carrozzeria qualche giorno, ove il danno veniva effettivamente riparato senza necessità di pagare alcunché, semplicemente apponendo qualche firma sulla modulistica utile e prevista dalla normativa vigente. Da qui il nome dell’operazione di polizia che, con il termine “Pit stop”, vuole rappresentare la ripetitività con cui le autovetture entravano in carrozzeria danneggiate e ne uscivano in perfette condizioni. Non sono mancati casi, accertati dagli investigatori, in cui alcuni veicoli di clienti ignari delle malefatte che avvenivano in quella carrozzeria, sono stati “inseriti” in falsi sinistri. Infatti, se alcuni danni alla carrozzeria ben si conciliavano con altri danneggiamenti, si effettuavano riproduzioni fotografiche che confluivano in alcune delle pratiche incriminate.
Il sodalizio
L’entità numerica dei casi di truffa e dei soggetti coinvolti ed indagati, danno l’idea di come l’associazione a delinquere di cui si tratta sia stata conosciuta e considerata come altamente affidabile. Emblematico in tal senso un sinistro nel quale l’autovettura coinvolta, dotata di sistema crash e tale quindi da poter segnalare eventuali urti del veicolo nonché la posizione Gps dello stesso, è stato liquidato nonostante non risultassero dati tecnici compatibili dalla dinamica dichiarata nel cosiddetto “Cid”. La notorietà del sodalizio criminale, maturata in certi ambienti, aveva attirato soggetti residenti in più comuni della provincia di Latina, molti dei quali sono stati “reclutati” da pregiudicati che con una certa stabilità “collaboravano” con l’organizzazione criminale. Detti clienti per ottenere una riparazione gratuita si trovano oggigiorno indagati con imputazioni quali il falso documentale ed ideologico, truffa aggravata ai danni delle compagnie assicurative, simulazione di reato, favoreggiamento personale ed altro. Per il broker e i due carrozzieri oltre ai citati capi d’imputazione grava l’accusa di aver ideato e preso parte ad un’associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni delle compagnie assicurative ed a numerosi clienti.