Arrestato lo scorso anno nell’ambito dell’operazione Mosaico, Abdel Salem Napulsi, 39 anni, si è visto confermare oggi in appello la condanna a quattro anni di reclusione inflitta dai giudici italiani per auto addestramento con finalità di terrorismo.
L’uomo, palestinese, già in carcere a Rebibbia per reati collegati alla droga, era stato coinvolto nell’operazione antiterrorismo in quanto ritenuto collegato alla rete di fiancheggiatori di Anis Amri, il tunisino autore della strage nel 2016 al mercatino di Natale di Berlino (poi ucciso a Sesto San Giovanni il 23 dicembre di quell’anno). Come è noto Amri prima di dirigersi in Germania era stato ospite ad Aprilia a casa di un connazionale, che aveva avuto contatti proprio con Napulsi.
La sentenza è stata emessa dalla prima Corte d’assise d’appello di Roma, presieduta da Andrea Calabria con Giancarlo De Cataldo, a conferma della decisione del Gup capitolino Alessandra Boffi, pronunciata nel novembre dello scorso anno dopo il processo col rito abbreviato. Napulsi, in carcere per reati di droga, era stato raggiunto a marzo 2018 da un’ordinanza di custodia cautelare insieme con altre quattro persone (fermate tra Napoli e Caserta) nel corso dell’operazione condotta dalle Digos di Roma e Latina. Secondo l’accusa, il palestinese, dopo essersi radicalizzato, aveva cercato in rete “istruzioni sull’uso di armi da fuoco, tra cui anche un lancia razzi” e nel deep web “la possibilità di acquistare mezzi di trasporto pesanti come camion o pick up idonei a montare armi da guerra, nonché a scaricare e visionare modalità di acquisto di armi finalizzati ad arrecare – si leggenel capo d’imputazione – grave danno al Paese”.
“Bisognerebbe mettere la loro testa sul tagliere e via, e colpire e avanti un altro; tagliargli la testa e i genitali”, avrebbe detto l’allora 38enne, intercettato in una conversazione telefonica ad agosto 2017, riferendosi agli infedeli occidentali.