Il servizio di Neuropsichiatria infantile in via di estinzione in provincia di Latina, l’esponente del Partito democratico Nicoletta Zuliani rivolge un accorato appello ai sindaci pontini: “Le famiglie che hanno bambini con difficoltà anche gravissime non possono più contare sul servizio pubblico, se non in misura drammaticamente insufficiente”, afferma la consigliera comunale di Latina, invitando i primi cittadini ad “ascoltare il grido di aiuto delle famiglie e degli operatori del settore pubblico ormai prossimo alla chiusura”.
“Nel 1978 è stato istituito a livello di Asl il Dipartimento di Salute Mentale (DSM) – spiega Zuliani attraverso una nota stampa -. All’interno di questo dipartimento un intero settore è stato dedicato alla tutela della salute mentale e riabilitativa della fascia evolutiva che va da 0 a 18 anni. Attualmente, a ricoprire il ruolo di responsabile facente funzione del settore di neuropsichiatria infantile, è la dottoressa Anna Di Leio, ma si è in attesa della conclusione di un concorso indetto ormai diversi anni fa, e mai espletato. Già questo ci fa comprendere la precarietà dell’assetto odierno di questo servizio. Ma di cosa si occupa il settore di neuropsichiatria Infantile nella provincia di Latina? Le patologie dell’età evolutiva che stanno emergendo sempre di più e di cui questo servizio si occupa, sono molto variegate: vanno dai disturbi dello spettro autistico alle difficoltà attentive e comportamentali, dai disturbi psichiatrici ai disturbi specifici dell’apprendimento. Un’attenta diagnosi e valutazione dell’intervento sono estremamente importanti per determinarne l’evoluzione che può andare verso l’autonomia o verso una sempre maggiore dipendenza dai servizi sociali del Comune. Il servizio prende in carico anche tutti quei minori oggetto di abusi o maltrattamenti trasmessi dai tribunali e si fa carico dell’inserimento nelle case famiglia di ognuno di loro. Dal lontano 1978 questo settore conosce oggi un incremento di domanda senza precedenti cui non corrisponde una risposta in termini di servizio: i terapisti e i neuropsichiatri stanno andando tutti in pensione, la segreteria è costituita da un’unica unità, è sparito l’assistente sociale figura di raccordo con il territorio, non c’è più l’infermiere e i terapisti rimasti devono anche occuparsi del trasloco degli uffici e del mobilio”.
“Numerose e dettagliate sono state le denunce fatte dal 2016 su tutti i giornali ma nessuno si è mai mosso – incalza la consigliera dem – Attualmente, le famiglie che hanno bambini con difficoltà anche gravissime non possono più contare sul servizio pubblico (se non in misura drammaticamente insufficiente): il servizio pubblico sta scomparendo. Al suo posto abbiamo 3 strutture accreditate ma solo nel Nord della provincia di Latina; nessuna nel sud della provincia, lasciando totalmente sguarnite città come Fondi, Gaeta, Formia, Terracina: chi ha bisogno deve per forza rivolgersi alle strutture private. Se fino a 3 anni fa le liste di attesa erano di 3-4 mesi, oggi sono di oltre un anno! Ovvio che chi ha i soldi ricorre al privato, chi no, si trova nella disperazione e finisce col rivolgersi ai Servizi Sociali del proprio comune”.
Per questa ragione Zuliani invita i sindaci dei comuni della provincia pontina ad ascoltare il grido di aiuto delle famiglie e degli operatori del settore pubblico ormai prossimo alla chiusura. Il Partito democratico di Latina, rappresentato dalla consigliera Zuliani, si appella in particolar modo al sindaco del capoluogo Damiano Coletta in quanto presidente della Conferenza dei sindaci “che conosce benissimo il problema”: “Indica subito una Conferenza dei Sindaci sulla Sanità che tratti di questo problema – afferma la consigliera dem – e lo affronti una volta per tutte in modo risolutivo senza ulteriori e dannose attese; si faccia promotore di un’azione di sprone nei confronti della Asl; rilevi immediatamente lo stato delle criticità, quantifichi a quanti è negato il diritto di essere adeguatamente seguiti e quali danni questo stallo del servizio pubblico arrecherà anche in termini di costi sociali per le casse dei comuni. Se i primi cittadini non difendono i diritti dei loro concittadini più deboli, chi lo farà?”