Il carro di carnevale su cui viaggiava Massimo Cassia, poi morto in seguito a una caduta, non poteva circolare. Lo ha spiegato ieri in aula davanti al giudice del tribunale di Latina, Carlo Medici, il presidente della Provincia di Latina, ingegnere esperto in infortunistica stradale e consulente della Procura.
Medici ha riferito sulla dinamica dell’incidente, anche se non ci sono elementi sufficienti per stabilire cosa sia effettivamente avvenuto. Probabilmente Cassia, che potrebbe aver viaggiato in piedi, ha urtato contro un cavo. Questo però non sarebbe determinante. Medici ha detto infatti che il carro non poteva circolare perché non omologato e, anche se avesse avuto un’autorizzazione eccezionale allo spostamento, comunque non avrebbe potuto trasportare persone. A bordo invece non c’era solo Cassia. Lo stesso trattore non era adatto a quel tipo di trasporto, potendo svolgere solo attività agricole.
Il carro era in movimento in strada e non in un percorso consentito e scortato da forze dell’ordine, come avviene durante le manifestazioni, comunque in un vuoto normativo.
Per la morte di Massimo Cassia, siedono sul banco degli imputati per omicidio colposo, Mauro e Luciano Bonaldo e Paolo Scapin. Il primo guidava la trattrice agricola. Il secondo, presidente dell’Associazione carristi carnevale pontino, aveva realizzato il carro allegorico. Scapin invece è il proprietario della trattrice agricola.
Il 2 marzo 2014 i carri erano ormai arrivati a borgo San Michele, dove c’è il capannone nel quale vengono custoditi, quando Cassia precipitò. Le ferite riportate nella caduta furono molto gravi e l’uomo fu ricoverato al Goretti. Nell’aprile 2015, un anno dopo, il 50enne morì.