Valerio Catoia lo conoscono tutti a Latina. E’ un eroe, per aver salvato una bambina che stava annegando sul lungomare del capoluogo. Lui e il padre hanno riportato a rive due ragazzine che erano state portate via dalla corrente e non riuscivano a tornare indietro.
Il ragazzo, con la sindrome di down, atleta paralimpico, non ci ha pensato due volte. Si è tuffato nonostante il mare agitato e per il suo gesto è stato premiato anche dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Rai 3 gli ha dedicato la puntata di una trasmissione del pomeriggio.
Lui continua a vivere la sua vita, studia, nuota ottenendo tante medaglie, ma a qualcuno dà fastidio. L’odio sui social è riuscito a raggiungere anche quello che è per tantissimi un esempio da seguire. L’orgoglio di una famiglia e di una comunità.
“Guardalo sembra un cane… doveva morire”. Questo solo uno dei messaggi di odio indirizzati al ragazzo in un gruppo Facebook. Il padre ha chiesto di cancellarli e di evitare in futuro tali manifestazioni, ma è stato a sua volta aggredito verbalmente. Così non ha potuto fare altro che sporgere denuncia alla polizia postale. Le indagini porteranno ai responsabili, che affronteranno con ogni probabilità un processo per esternazioni che sono di una gravità assoluta, ma che danno anche il senso di una società imbarbarita.
Che vede nel diverso il soggetto contro il quale sfogarsi, non importa neanche più in nome di cosa. Quello che conta è avere un nemico, da deridere, da insultare, da odiare, per non riconoscere il vuoto che è dentro di noi. La cattiveria non è mai mancata, ma fino a qualche anno fa veniva condannata. Chi si comportava in un certo modo veniva quanto meno isolato, ora molto spesso dietro ad una tastiera che li nasconde – perché di vigliacchi si parla – si fanno forza l’uno con l’altro, pensando di restare impuniti.
Una regolamentazione del web sta piano piano nascendo. Ai genitori, agli educatori, resta il compito di insegnare il rispetto e la gentilezza, a riconoscere la bellezza in tutte le sue forme, il compito di riempire quel vuoto che porta poi all’odio verso chi è diverso da noi.