Riesumata la salma di Andrea Ghira. A 40 anni di distanza dal massacro avvenuto tra il 29 e il 30 settembre del 1975 nella residenza estiva della famiglia Ghira sul promontorio del Circeo, la Procura della Repubblica di Roma ha disposto la riesumazione della salma seppellita nel cimitero di Melilla (Spagna) con il nome di Maximo Testa De Andres e attribuita ad Andrea Ghira. Della riapertura dell’inchiesta della Procura romana sul massacro del Circeo ne ha dato tempestiva notizia “Chi l’ha visto?”.
La riesumazione della salma
La sepoltura venne alla luce nel 2005, al culmine di un approfondimento giornalistico di Giuseppe Rinaldi della nota trasmissione televisiva, condotta da Federica Sciarelli, sulla lunga latitanza dell’unico dei tre massacratori di Rosaria Lopez e Donatella Colasanti sempre sfuggito al carcere. La riesumazione della salma è avvenuta oggi . Oltre al legale della famiglia Lopez, avvocato Stefano Chiriatti, autore dell’esposto accolto dai magistrati, sono andati in Spagna la sua consulente genetica Marina Baldi e i professori Giuseppe Novelli e Giovanni Arcudi designati dalla Procura. Nel 2013 una consulenza del professor Novelli ha ritenuto “non corretta l’attribuzione dei resti ossei di Maximo Testa De Andres ad Andrea Ghira”. Il fascicolo è stato aperto dal Pm Nicola Maiorano. L’obiettivo è quello di avere definitiva certezza che i resti rinvenuti nel 2005 siano proprio di Ghira. Una volta analizzati i prelievi effettuati saranno comparati con quelli già presi in esame dieci anni fa.
Il massacro del 1975
Quella notte al Circeo Gianni Guido, all’epoca 19enne, Angelo Izzo, 20 anni, e Andrea Ghira, 22 anni, picchiarono, violentarono e annegarono la studentessa Rosaria Lopez, 19 anni, e ridussero in fin di vita la sua amica Donatella Colasanti di 17 anni. I tre giovani – tutti appartenenti a famiglie dell’alta borghesia romana e vicini all’estrema destra – avevano invitato le due ragazze a una festa nella villa al mare. Fu un inferno per le due povere ragazze che poi furono caricate nel portabagagli di una Fiat 127 con la quale i tre mostri tornarono a Roma parcheggiandola in via Pola. I lamenti di Colasanti, che si era finta morta per sfuggire alle ultime torture, attirarono i soccorsi. Accanto al suo corpo straziato fu trovato quello cadavere di Lopez.
La vicenda processuale
La testimonianza di Donatella Colasanti (morta a 47 anni dopo una lunga malattia nel 2005) fece arrestare nell’immediatezza Angelo Izzo e Gianni Guido. I due vennero processati e condannati all’ergastolo dalla Corte d’Assise del tribunale di Latina nel 1976. Nel 1980, la condanna di Guido venne ridotta a 30 anni dopo la dichiarazione di pentimento e l’accettazione da parte della famiglia della ragazza uccisa di un risarcimento. Ma nel 1981 evase dal carcere di San Gimignano, fuggendo a Buenos Aires dove però, due anni dopo, venne riconosciuto e catturato. Ma in attesa dell’estradizione, nel 1985, riuscì a fuggire di nuovo per essere riarrestato nel 1994 a Panama dove si era rifatto una vita come commerciante di autovetture. Estradato finalmente in Italia finì di scontare la pena nel 2009 grazie all’indulto. Izzo, invece, nel 2005, dopo 30 anni di carcere, appena ottenuto dai giudici il permesso di semilibertà, uccise la moglie e la figlia di un boss della Sacra Corona Unita conosciuto durante la detenzione a Palermo. Per questo duplice omicidio venne nuovamente condannato all’ergastolo nel 2008. Nel 1976 insieme a Guido e Izzo, venne condannato all’ergastolo anche Andrea Ghira che rimase latitante fino alla sua morte “presunta”. Gli investigatori della Polizia di Stato arrivarono a lui intercettando le conversazioni dei suoi familiari. La riesumazione della salma “intestata” a Maximo Testa De Andres comportò la comparazione del Dna estratto dai resti ossei rinvenuti con quello dei famigliari di Ghira. Il risultato fu positivo. Ma l’esito non convinse mai la famiglia Lopez che attraverso il suo legale ha chiesto ed ottenuto la riapertura dell’inchiesta.
La premeditazione del massacro
In una intervista rilasciata a Franca Leosino, per “Storie maledette”, Angelo Izzo riferì che il massacro del Circeo era stato premeditato. Il terzetto – secondo la sua versione – avrebbe programmato il tutto per coinvolgere una quarta persona al fine di porla di fronte alla prova indispensabile per poter entrare nella comitiva-branco. Quarta persona che tuttavia al Circeo non si presentò.