A maggio ci saremmo ritrovati qui a festeggiare Alessia per la Cresima, dice don Livio durante l’omelia di una dolorosa cerimonia funebre, attesa e rinviata, che sancisce il distacco definitivo delle due bambine, che ormai tutti abbiamo imparato a conoscere da morte, e che nessuno da vive purtroppo, è riuscito a salvare. Una cerimonia difficile e dolorosa anche per lui. Conosce le bambine da sempre. Le ha battezzate e da qualche anno Alessia aveva ricevuto il sacramento della comunione. “Anche Martina a settembre avrebbe iniziato il suo cammino di catechesi parrocchiale. Ora è tutto finito. Ma è davvero tutto finito?”
Migliaia le persone presenti, tra dentro e fuori la Chiesa. Una Chiesa che non riesce a contenerne che una piccola parte. Perché abbiamo portato Alessia e Martina qui? Non potevamo portarle in uno stadio dove ci saremmo entrati tutti? O non potevamo portarle in un “palazzetto” dove saremo stati anche al coperto in caso di pioggia? No… le abbiamo portate qui in Chiesa, continua don Livio, perché questo luogo è stato molto famigliare per loro. Qui hanno pregato insieme alla comunità parrocchiale, qui hanno cominciato a muovere i primi passi sulla via della fede, e per Alessia nell’impegno cristiano nell’Azione Cattolica Ragazzi. È perciò in questo luogo che possiamo trovare la risposta che cerchiamo. Una risposta davvero difficile da dare e difficile da accettare. Il pensiero di tutti va ad Antonietta, che da ieri è stata informata del massacro compiuto dal marito da cui si stava separando. La psicologa che la segue, ha preferito così. Quando vedo una bara bianca, continua il parroco, un senso di ribellione mi assale e sono tanti i perché che affollano la mia testa. Ma questa volta però sono addirittura due le bare bianche. Due bare che hanno sfilato tra gente in lacrime. Tanti gli adulti e tanti anche i bambini che hanno voluto salutare le loro amiche, facendo salire al cielo tanti palloncini colorati. La città tutta partecipa a questo dolore. Le scuole sono chiuse e gli esercizi commerciali hanno abbassato le serrande.
“Sono circa 50 anni che sono sacerdote ed ho celebrato tanti funerali: funerali di persone suicide o uccise, di persone morte tranquillamente sul loro letto o tragicamente in incidenti vari, persone morte dopo una lunga malattia o morte all’improvviso senza che nessuno se ne accorgesse, giovani e anziani. Qualcuno potrebbe pensare che ormai sono abituato alla morte. No! Non sono abituato!” alza la voce don Livio per sottolineare il suo dolore per queste due bambine che lui ha “conosciuto e amato” e che “ora vivono nel Signore”. E per chi crede, supporta quanto dice con passi del Vangelo. Come diceva Gesù… i bambini sono gioia. E anche ora dobbiamo ricevere “un messaggio di gioia”. E saper perdonare, tutti. E aggiunge: anche quel padre che le ha ammazzate. Ma qui la gente rompe l’assoluto silenzio. Rumoreggia, si fa sentire. Se fino ad allora tutti lo hanno ascoltato cercando di accettare con fatica, quanto la religione afferma…la resurrezione dei corpi, la gioia, le parabole della rinascita nell’aldilà, adesso non lo segue più. Don Livio sente. E aggiunge…anche la famiglia lo ha perdonato. Amen. Parla una donna, dopo don Livio. E’ una donna che spezzata dal dolore ringrazia tutti: vi chiedo di non dimenticare, mia sorella Antonietta. E di non lasciarla sola. Mai. Lei ha bisogno di amore e di affetto. Vi chiedo quindi di continuare ad amarla. Oggi più di ieri.