“Maresca ha detto una cosa sacrosanta: Libera non è più l’associazione antimafia che era una volta”. Antonio Turri, per anni investigatore della Questura di Latina e poi nel sindacato di polizia, fu uno dei primi ad aderire al progetto di don Luigi Ciotti, a metà degli anni novanta. “Libera ha avuto grandi, grandissimi meriti. Ma adesso è un’altra cosa, e il sostituto procuratore di Napoli l’ha sottolineato con coerenza”.
IL PM CHE ARRESTO’ IL SUPERBOSS Il pretesto per parlare di antimafia anche a Latina è l’intervista pubblicata da Panorama in cui Catello Maresca, il magistrato che coordinò le indagini che portarono all’arresto del superboss dei casalesi Michele Zagaria, ha contestato politiche e strategie di Libera, l’associazione antimafia fondata da don Luigi Ciotti. “Se un’associazione come Libera diventa troppo grande – sostiene Maresca – se acquisisce interessi che sono anche di natura economica, ci si possono inserire persone senza scrupoli che approfittando del suo nome per fare i propri interessi. Libera gestisce i beni attraverso cooperative non sempre affidabili. Io – aggiunge – ritengo che questa antimafia sia incompatibile con lo spirito dell’antimafia iniziale. Libera è stata un’importante associazione antimafia. Ma oggi mi sembra un partito che si è auto-attribuito un ruolo diverso. Gestisce i beni sequestrati alle mafie in regime di monopolio e in maniera anticoncorrenziale. Personalmente – conclude il magistrato – sono contrario alla sua gestione: la ritengo pericolosa”
L’AFFONDO DI TURRI E LA POLITICA Critiche condivise proprio dall’ex referente pontino di Libera, Antonio Turri, che scelse di andarsene già diversi anni fa. “Quando si hanno fatturati per milioni di euro, quando si pagano i propri dirigenti, significa che lo spirito volontaristico è venuto meno – afferma -. Basta dare un’occhiata ai prodotti a marchio Libera Terra: sono autentici monopoli. E i monopoli sono sempre negativi, come quando c’è uno solo al comando, sempre, per decenni. Io sono andato via dall’associazione quando mi sono reso conto che si stava sbagliando. Non mi piacevano le politiche e neanche il modello organizzativo. Non posso immaginare che i referenti di un’associazione vengano stipendiati. Potrebbero mai conservare un senso critico? E poi non può essere che un’associazione antimafia dialoghi solo con una parte politica. Guarda caso poi la solidarietà a don Ciotti, dopo le critiche di Maresca, è arrivata proprio soltanto da quella parte. Ma la Bindi, che presiede la commissione parlamentare antimafia, non ha alcuna competenza specifica. Non ha mai fatto arrestare un camorrista, io nemmeno e neanche don Ciotti. Catello Maresca invece sì e rimane uno dei magistrati più esposti”.
COME LA TORRE Turri poi ricorda la scelta dei tanti che hanno lasciato Libera in questi anni. “Ma il caso più eclatante è stato quello di uno dei simboli veri dell’antimafia, Franco La Torre, cacciato via dopo aver criticato apertamente certi sistemi. Anch’io nel mio piccolo avevo tentato di parlarne a don Ciotti, ma non c’è stato verso. Ho preferito lasciare perché per me l’antimafia non può appartenere solo a un’area politica, o dialogare con certi gruppi economici. L’antimafia è un patrimonio di tutti i cittadini, indistintamente, non c’è quella dei buoni e quella dei cattivi”.
SABOTINO E VIA HELSINKI: IL CASO LATINA Il magistrato napoletano faceva riferimento alla gestione dei beni confiscati, talvolta affidata a cooperative di dubbia provenienza. Secondo Turri anche quello di Latina è un caso eclatante. “Guardate la struttura di Borgo Sabotino come è finita. Il campo è abbandonato, ci sono le prostitute. Un’esperienza fallimentare. Eppure la Regione spese un sacco di soldi per ristrutturarlo, adesso è in stato di abbandono. Ricordo quando arrivavano le scolaresche, lì, era tutta un’altra storia”. Libera secondo Turri ha sbagliato anche nel caso dei campetti di via Helsinki. “E’ mancata la sensibilità per capire che quello è un posto particolare, dove serve coinvolgere i ragazzi problematici anziché allontanarli”.