L’Europa ancora una volta sotto assedio. Dopo Parigi è toccato a Bruxelles. L’Isis, nel doppio attacco all’aeroporto Zavantem e alla metropolitana Maelbeek, ha colpito il cuore dell’Europa, uccidendo 34 persone e ferendone altre 200. Tra i testimoni della strage c’è anche un apriliano, uno dei 95 concittadini migrati in Belgio per motivi di lavoro. Si chiama Daniele D’Onofrio, ha 32 anni e da 5 anni abita a Bruxelles: Lavora all’interno di un ufficio che dista appena 15 chilometri dall’aeroporto e 10 dalla stazione della metropolitana. “Quando si è verificato il primo attacco- ha raccontato Daniele alla testata online Aprilianews- mi trovavo in ufficio, che dista 15 chilometri dall’aeroporto e 10 dalla stazione. Abbiamo appreso cosa stesse accadendo dal direttore, che doveva recarsi in aeroporto. Dopo il primo attacco non si sentiva altro che un via vai di sirene della Polizia, dei vigili del fuoco e dei soccorsi, un vero incubo”. Un incubo nel quale è piombata l’intera città e che il popolo belga vive ancora in queste ore, nelle quali si respira un clima teso e la tensione si taglia col coltello. Negozi, scuole e mezzi pubblici sono chiusi e c’è attesa per sapere come e quando la vita riprenderà i ritmi abituali. Ma in chi ha vissuto le ore precedenti agli attentati resta la sensazione che la strage era un epilogo prevedibile. “Dopo l’arresto di Salah Abdeslam- commenta Daniele- ci aspettavamo un’azione simile, una sorta di avvertimento da parte dell’Isis per invitarlo a non collaborare con la Polizia ma anche una rappresaglia. Siamo tristi e disorientati”