Sotto il cemento un patto d’acciaio: l’indagine relativa alla presunta lottizzazione abusiva commessa attorno alla struttura che avrebbe dovuto ospitare, lo scorso anno, il megastore Globo alle porte di Latina è ormai chiusa e dagli atti emergono circostanze inquietanti. Da circa due settimane sono stati notificati, a imprenditori, tecnici e funzionari pubblici finiti sotto inchiesta, gli avvisi di conclusione delle indagini attraverso i quali gli interessati hanno potuto avere accesso al fascicolo aperto dal sostituto procuratore Giuseppe Miliano, titolare dell’inchiesta.
Negli atti la ricostruzione dell’intera vicenda che affonda le sue radici in un permesso a costruire in sanatoria rilasciato dal Comune di Latina nel 2003. Un’autorizzazione illegittima, secondo la Procura, poiché condonava in modo “illegale” l’intero stabilimento denominato Seranflex, mediante l’arbitraria attribuzione di una destinazione d’uso interamente commerciale “laddove, in realtà, soltanto una parte risultava avere le caratteristiche idonee per essere classificata come commerciale”. Una contestazione già acclarata nel corso di quest’ultimo anno durante il quale è stato posto sotto sequestro l’immobile e sono state effettuate clamorose perquisizioni nelle sedi di Latina Fiori srl, Mimosa Park e Bianconi Costruzioni. Note anche le eccezioni mosse dagli inquirenti sui successivi permessi a costruire, uno rilasciato nel 2009 e l’altro nel 2013 in variante, con i quali si consentiva di realizzare, all’interno di un area a destinazione agricola, “sulla scorta di presunti falsi presupposti e dati non veritieri”, il nuovo complesso edilizio totalmente commerciale, tramite la demolizione della preesistenza edilizia (ex Seranflex), e parcheggi a go go – funzionali al realizzando centro commerciale – in zona agricola e in assenza di variante al Piano regolatore generale.
Le conclusioni del sostituto Miliano su questa complessa vicenda, per la quale ha formulato l’ipotesi di lottizzazione abusiva a carico di dodici indagati, sono estremamente dure laddove evidenzia, sulla scorta delle informative degli investigatori del Nucleo forestale a cui aveva delegato le indagini, l’esistenza di un vero e proprio sistema, messo in piedi da imprenditori e funzionari pubblici coinvolti, finalizzato ad ottenere ingiusti vantaggi di tipo economico attraverso un’operazione di mera speculazione edilizia.
Diversi i riscontri che supporterebbero le conclusioni del magistrato. Gli indagati, intercettati dagli inquirenti, avrebbero infatti palesato in più occasioni la consapevolezza di aver agito illecitamente. Singolare ad esempio il rinvenimento del compromesso di compravendita tra gli eredi del proprietario del vecchio immobile artigianale-commerciale e il costruttore Roberto Bianconi. Si tratta di un atto importante a sostegno dell’ipotesi di reato formulata. Nel preliminare di compravendita stipulato il 16 dicembre 2003 c’è scritto infatti che il complesso edilizio oggetto del compromesso è costituito da capannoni con destinazione commerciale per 5.137,73 metri cubi e con destinazione produttiva per 3.991,58 metri quadrati.
E’ il 5 ottobre del 2016 quando Bianconi (nel 2003 amministratore unico della Latina Fiori srl della quale Giancarlo Piattella – società Mimosa Park – ne era socio) parla al telefono con Luca Baldini, l’architetto che per conto del Comune si occupò della sanatoria Seranflex, e lo informa di aver ritrovato il compromesso che cercava da giorni.
BIANCONI Roberto: C’ho il compromesso Baldini ….
BALDINI Luca: ah l’hai trovato?
BIANCONI Roberto: si!
BALDINI Luca: e che dice?
omissis
BIANCONI Roberto :eh si ….. qua diceee .. ee le cose eccetera cincomila e ce .. complesso edilizio costituito da capannoni con destinazione commerciale per metri quadrati cincomila centro trentasei.
BALDINI Luca: ahh
BIANCONI Roberto: e con destinazioni produttive per metri quadrati tremila novecento novantuno ..
BALDINI Luca: eh allora semo fregati … (accenno di risata) e che ne so….
BIANCONI Roberto: (incomprensibile) semo fregati oh .. io quello ciò vennuti a quelli oh!
BALDINI Luca: no..non c’hai vennuto quello quelli Robbè ….
BIANCONI Roberto: come?
BALDINI Luca: e non c’hai vennuto quello …. tu c’hai vennuto ottomila metri quadrati de capannone commerciale … capito? ehh .. non c’entra gnente loro, è sbagliata la … s.. se è ..se è cosìii … e loro ce … cioè è ‘na cosa è bene che lo buttamo sto compromesso perché … eh .. se loro gliel’hanno dato … eee se l’han … se l’hanno prodotto ehhh diventa complicata eh la questione...
Nonostante il suggerimento di Baldini di buttare il compromesso, l’atto verrà conservato da Bianconi all’interno di un faldone, nascosto tra due fogli di carta in bianco. Un dettaglio pittoresco all’interno di un’inchiesta fatta di numeri e norme edilizie-urbanistiche comprensibili solo da tecnici del settore. Come gli architetti Baldini e Ventura Monti, storico responsabile dell’ufficio Urbanistica del Comune di Latina. Entrambi, implicati nell’inchiesta Olimpia, risultano tra i principali indagati sul caso Seranflex-Globo.
Baldini, prima tecnico convenzionato con il Comune di Latina e poi come libero professionista incaricato sia da Mimosa Park che dalla Cosmo (le società divenute nel tempo proprietarie dell’immobile in questione), è inquadrato dagli inquirenti quale collante tra i costruttori e i funzionari pubblici, una persona di fiducia, che garantirebbe contatti finalizzati ad ottenere forzature sul piano amministrativo tese al rilascio di titoli edilizi.
Nelle conversazioni intercettate l’architetto Baldini, inoltre, riferisce (conversazione del 3 novembre 2016) all’interlocutore di turno (altro imprenditore edile) che a Latina ci sarebbero buone aspettative per arrivare direttamente al nuovo assessore all’urbanistica (scavalcando il dirigente) il quale, a suo dire, sembrerebbe propenso a valutare nuovi progetti per determinate zone da riqualificare sotto il profilo urbanistico.
Al ruolo “centrale” di Baldini, si affiancherebbe, secondo la ricostruzione della polizia giudiziaria del Nucleo forestale, quello “fondamentale” dell’architetto Monti, la persona che di fatto finalizzerebbe e cristallizzerebbe gli intenti del gruppo imprenditoriale, con il rilascio dei titoli edificatori “illegittimi”, e quindi il conseguimento degli “ingiusti vantaggi” di tipo economico per gli imprenditori implicati in questa inchiesta. Imprenditori che si sentiranno in dovere – come risulta dalle conversazioni intercettate – a fornire ai tecnici una copertura legale per le implicazioni penali dell’affaire Seranflex-Globo. Dunque, per la Procura nella vetrina del megastore di Borgo Piave un sistema e/o sodalizio finalizzato alla mera speculazione.