Se afferri per un braccio un amico che sta annegando in uno stagno rischi anche tu di fare la sua stessa fine. Se sei fragile. Deve aver avuto questa sensazione l’avvocato Maurizio Mansutti, stamane quando si è recato in carcere per assisterne l’architetto Luca Baldini, arrestato ieri nell’ambito dell’Operazione Olimpia che ha scosso Latina. Perché è in via Aspromonte che l’avvocato si è reso conto di essere fragile e impossibilitato a tendere la mano all’amico di sempre. Il difensore ha dovuto fare dietrofront in quanto indagato nello stesso procedimento che vede in carcere il professionista, il progettista molto gettonato negli ambienti dell’edilizia del capoluogo pontino finito nei guai per il suo ruolo di “apripista” tra i costruttori e l’apparato politico-amministrativo del Comune di Latina che in questi ultimi anni sembra aver brillato, secondo gli inquirenti, nell’alimentare la recrudescenza dell’urbanistica malata. Perché a Latina l’abusivismo edilizio non è selvaggio ma pianificato attraverso il falso e atti illegittimi costruiti su misura per assecondare interessi che navigano in una “spregiudicata speculazione”. Sì, “spregiudicata speculazione” è proprio l’espressione utilizzata dal Gip Mara Mattioli nell’ordinanza di custodia cautelare per la detenzione in carcere e ai domiciliari di ben 17 persone, compreso un deputato della Repubblica Italiana rimasto nel limbo in attesa dell’autorizzazione a procedere.
L’iscrizione di Mansutti nel registro degli indagati appare clamorosa. Mansutti non è solo un noto avvocato del capoluogo pontino, ma anche un politico di spicco, già sindaco di Latina per pochi mesi nel 1993 sotto lo stemma della Dc, poi candidato alla stessa poltrona per una coalizione di centrosinistra e per anni consigliere comunale, all’opposizione nel gruppo del Partito democratico durante la consiliatura di Giovanni Di Giorgi confluita nel commissariamento dell’ente e ora nel mirino della maxi inchiesta del sostituto procuratore Giuseppe Miliano. E che c’entra Mansutti in tutta questa storia di collusione tra il Comune e gli interessi privati delle ditte costruttrici, società e associazioni? Mica fa l’imprenditore Mansutti né ha ricoperto – nel periodo dei fatti contestati – ruoli chiave nel governo cittadino. Anzi. Come ha detto proprio il Pd oggi, in una nota congiunta del presidente di Latina e del segretario provinciale del partito, i dem si sono trovati spesso a denunciare, nelle sedi istituzionali, il malaffare del capoluogo. E allora?
E allora capita che se hai un amico gli parli, a volte fino allo sfinimento. E quando ti chiede una mano, se puoi, gliela dai. E poi diventi pure amico degli amici, che alla fine di tocca pure difendere perché inciampati nelle inchieste giudiziarie. E che fai? Mica ti tiri indietro. E’ la tua professione. E quando un giorno ti chiedono di fare da sponda per un’esigenza politica, fosse anche contraria al tuo partito, nella piena riservatezza ti viene spontaneo dimostrarti disponibile. Si tratta di gettare delle ombre sull’operato dell’assessore all’urbanistica Salvatore La Rosa diventato scomodo sul fronte dei Piani particolareggiati maledetti. L’ambasciatore è Luca Baldini. E’ a Luca Baldini che Mansutti dà la sua disponibilità. E’ con Luca Baldini che l’avvocato dem si intrattiene a conversare su perequazioni, indici di edificazione, di comparti, di premi di volumetrie, degli espropri barzelletta, di quello che Rino Monti fa e poi non se ne ricorda, e perché no anche delle proprietà di famiglia, di sua suocera. E così capita che quando gli chiedono di contattare il suo amico di Sezze, niente di meno che Titta Giorgi, compagno di partito fedelissimo, perché interceda presso la Regione Lazio per sistemare un affaruccio, l’avvocato a Titta lo chiama subito e lui, per amicizia, procede: “E’ tutto sistemato”, dirà l’ex presidente dell’Astral, perché il tizio in Regione avrebbe assicurato di prendere tempo inviato un quesito al Ministero. Un tempo d’oro perché a Latina il sindaco Di Giorgi sta per essere sfiduciato e la cricca confida nella notoria stasi del commissariamento. Forse l’errore più grosso. Ma certo nessuno poteva immaginare che sarebbe arrivato il Prefetto Giacomo Barbato. In quanto a Titta Giorgi con quella mano tesa a Mansutti è finito anche lui nello stagno: risulta nel registro degli indagati della maxi inchiesta che in uno scrigno rovente contiene un totale di 66 persone.