All’improvviso ti ritrovi convocato a palazzo, le cui pareti di “cristallo” appaiono offuscate in nome della privacy. Il diritto alla riservatezza non si tocca, appunto. Ma che c’entra la riservatezza con il Consiglio comunale e le sedute delle commissioni consiliari? Noi non lo abbiamo capito. E non comprendiamo neanche, o non vogliamo comprendere fino in fondo, forse, perché ci troviamo lì, in una stanza del Comune di Latina a discutere di cosa.
Ieri siamo stati chiamati ad un incontro organizzato dal presidente del Consiglio comunale Olivier Tassi. Siamo seduti attorno ad un tavolo. Attendiamo qualche minuto l’arrivo dei colleghi ritardatari, poi Tassi vuota il sacco. E’ intenzione dell’amministrazione comunale rivedere il Regolamento al fine di disciplinare le riprese e le registrazioni durante le sedute pubbliche dei Consigli comunali e delle commissioni consiliari per istituzionalizzare le sedi degli organismi e tutelare la privacy del sindaco, dei consiglieri e degli assessori. Presidente, ma cosa sta dicendo? Di quale privacy parla? Le sedute del Consiglio e delle commissioni sono pubbliche: sindaco, consiglieri e assessori (delegati dal sindaco) svolgono in aula l’esercizio delle loro funzioni in nome di un mandato elettorale. Le riprese di cui parla non costituiscono una violazione del diritto alla privacy. Non vi veniamo a scattare le foto dentro casa vostra. Ci si arrampica sugli specchi, si cerca di correggere il tiro: “Non vi ho detto che non si possono effettuare riprese e registrazioni ma che le stesse devono essere autorizzate. E poi non sono convinto che possiate liberamente pubblicarle e diffonderle. Occorre l’autorizzazione”. Il clima si fa pesante. Si sposta la discussione sul caos in aula durante i lavori consiliari. Ma questa appunto è un’altra questione: ci sono i vigili urbani, è loro compito allontanare chi disturba. Segue la lamentela di Tassi: “Non è facile stare in Consiglio con flash sparati sulla faccia”. In questo ha ragione presidente, ma lei sta dimenticando di aver esordito appellandosi alla privacy. Già, perché Tassi il sacco lo vuota tutto. La necessità di imbavagliare l’informazione nasce dalla diffusione di un video “scomodo” che riprende intemperanze fuori luogo. Intemperanze di chicchessia tenute durante una pubblica seduta, replichiamo. La colpa, per Tassi, non è di chi ha perso il controllo durante il dibattito, ma di chi ha pubblicato il video. “E anche stavolta, neanche a dirlo, la colpa è dei giornalisti”, posta questa mattina un collega. L’incontro con il presidente si conclude con la comunicazione di procedere, intanto, all’accesso a Consigli e commissioni con accrediti. Bene, per noi non c’è alcun problema.
E vabbè che siamo nell’era della condivisione e della partecipazione, ma davvero ci sfugge il motivo della convocazione dei giornalisti da parte di Tassi. Se il problema è il video “scomodo” e lo si vuole risolvere con un nuovo regolamento, l’amministrazione è libera di farlo attraverso il Consiglio comunale assumendosene gli onori e gli oneri della critica positiva o negativa che sia. Se il nuovo regolamento rispetterà le norme sindaco e consiglieri non avranno nulla di cui temere. Come si dice: “Male non fare, paura non avere”.