Il gruppo criminale, facente capo ad Armando Di Silvio, detto Lallà, operante a Latina, ha la connotazione di un’associazione mafiosa autoctona, non legata alle mafie tradizionali. Lo hanno affermato oggi, in conferenza stampa, gli inquirenti che con due anni di indagini hanno inferto un durissimo colpo al clan dei Di Silvio, nomadi di etnia rom divenuti stanziali, che nel 2010, risultato vincente nella guerra criminale con altri gruppi operanti nel territorio pontino, si era imposto attraverso la commissione di estorsioni a tappeto, nel traffico di stupefacenti e di armi. Un sodalizio criminale, noto alle cronache, a cui per la prima volta viene riconosciuta la propria “autonomia” gestionale ed organizzativa nella commissione di reati con le modalità tipiche mafiose.
L’operazione di oggi, denominata Alba Pontina, che ha portato all’arresto di 25 persone, è stata illustrata nel corso della conferenza stampa a cui hanno preso parte il procuratore aggiunto di Roma, Michele Prestipino, il primo dirigente della Squadra Mobile di Roma Luigi Silipo, il dirigente della Squadra Mobile di Latina Carmine Mosca e il primo dirigente dello Servizio centrale operativo della Polizia di Stato Vincenzo Nicolì. L’operazione è frutto delle indagini coordinate dal sostituto procuratore Barbara Zuini della Direzione distrettuale antimafia di Roma a cui sono stati applicati i sostituti procuratori di Latina Luigia Spinelli e Claudio De Lazzaro.
Tra gli arrestati il capo clan Armando Di Silvio, detto Lallà, sua moglie Sabina De Rosa, con ruolo apicale nell’organizzazione criminale, e i figli Gianluca, Ferdinando e Samuele Di Silvio. Nel gruppo di comando anche Riccardo Agostino, non un componente della famiglia, ma un affiliato al clan, considerato il braccio di ferro del sodalizio.
Alla base delle indagini che hanno consentito l’emissione della corposa ordinanza di custodia cautelare una serie di estorsioni in danno di commercianti, imprenditori e avvocati del capoluogo pontino. E puntare alla categoria di professionisti, hanno spiegato gli inquirenti, è stato un salto di qualità criminale che ha destato particolari preoccupazioni. Era il 2016 quando l’Ordine degli avvocati di Latina invia una comunicazione a tutti gli iscritti per essere venuto a conoscenza che taluni soggetti si facevano ricevere negli studi professionali e pretendevano, talora con toni minacciosi, di sistemare improbabili questioni di lavoro, a volte riguardanti terze persone, mediante la corresponsione di denaro. “Uno dei soggetti è di robusta corporatura accompagnato da qualche altro individuo di probabile etnia rom – scriveva l’Ordine a tutti gli avvocati -. Invitiamo, pertanto, i Colleghi, nel caso si verificassero episodi simili, a prestare la massima cautela ed a contattare immediatamente l’Ordine degli Avvocati che potrà dare adeguata assistenza collaborando con le forze dell’ordine che si stanno occupando della questione”. Alla nota seguiranno diverse denunce sporte attraverso l’ordine professionale. Un contributo importante ai fini della lettura del sistema estorsivo messo in atto nel capoluogo ai danni di decine e decine di vittime. Episodi di poco conto in termini delle somme di denaro richieste ma gravi per le modalità utilizzate, connotanti la forte aggressività degli esecutori e mandanti nell’ottica del controllo di una rete capillare estesa e soffocante per diverse fasce sociali.
Intercettazioni ambientali, telefoniche e riprese video e fotografiche hanno consentito agli investigatori della Questura di Latina e dei colleghi capitolini di puntualizzare le contestazioni alla base dell’ordinanza cautelare eseguita oggi. Filmati e telecamere che riprendono non solo le “visite” di Agostino alle vittime di estorsione o alle vittime del “recupero crediti per conto di terzi” che si rivolgevano al clan ma anche l’andirivieni di tossicodipendenti nell’abitazione di Lallà dove le donne del clan confezionavano e vendevano sostanze stupefacenti al minuto.
Fondamentale l’apporto del collaboratore di giustizia Renato Pugliese, figlio di Costantino Di Silvio detto Cha-Cha. Tra le rivelazioni una serie di “rapine” commesse dal clan pontino “ai danni” del clan dei Casalesi, di gruppi criminali albanesi e dei rom di area romana. Al momento dello scambio di partite importanti di stupefacenti, per lo più cocaina, il clan Di Silvio avrebbe rapinato il fornitore di turno, incurante del suo profilo criminale. Un altro “pezzo” a sostegno della tesi che attribuisce al clan Di Silvio-Ciarelli la connotazione di un’organizzazione mafiosa autoctona e svincolata dalle mafie “tradizionali” campane, siciliane, calabresi o dei paesi dell’Est Europa. Il furto di ingenti quantitativi di droga avrebbe aumentato a dismisura il capitale del clan che andava in parte a finanziare altre illecite attività, in parte accantonato per spese legali in caso di arresti, e in parte ripartito, secondo le modalità decise da Lallà, tra i componenti dell’organizzazione.
Altro elemento contestato è la promessa di somme di denaro in cambio di voti. I componenti il clan, in occasione delle elezioni amministrative di Latina, oltre a prestarsi ad attività di affissione dei manifesti e alla promozione di candidature, promettevano 30 euro a voto a sostegno del proprio “cavallo” su cui puntare.
Di seguito il video della conferenza stampa e elenco dei destinatari dell’ordinanza cautelare.
In carcere:
Armando “Lallà” Di Silvio, 52 anni
Angela “Stella” Di Silvio, 26 anni
Ferdinando Pupetto Di Silvio, 29 anni
Genoveffa Sara Di Silvio, 23 anni
Gianluca “Bruno” Di Silvio, 22 anni
Giulia Di Silvio, 23 anni
Samuele Di Silvio, 28 anni
Francesca “Gioia” De Rosa, 20 anni
Sabina “Purì” De Rosa, 51 anni
Federico “Ico” Arcieri, 21 anni
Daniele Coppi, 32 anni
Mohamed Jandoubi, 31 anni
Hacene “Hassan” Ounissi, 35 anni
Agostino “Balò” Riccardo, 35 anni
Valentina Travali, 31 anni
Daniele Alfonsi, 56 anni
Massimiliano Alfonsi, 50 anni
Ismail El Ghayesh, 21 anni
Gianfranco Mastracci, 33 anni
Matteo Lombardi, 33 anni
Daniele “Canarino” Sicignano, 29 anni
Ai domiciliari:
Tiziano Cesari, 56 anni
Gianluca D’Amico, 23 anni
Antonio “Marcello” Fusco, 55 anni
Francesca Zeoli, 33 anni
Le foto della conferenza stampa