Facciamo a… Capirci. Quei 13 milioni e 800 mila euro potevano bastare ad evitare il fallimento della Latina Ambiente? Il crac finanziario della partecipata del Comune di Latina giova alle casse dell’ente? Nella seduta di Consiglio comunale dell’11 novembre scorso, l’assessore alle partecipate Giulio Capirci e il sindaco Damiano Coletta sollecitati dalle opposizioni che chiedevano chiarezza e contezza sul rapporto debito/crediti con il gestore dei rifiuti avevano alzato le barricate dichiarando che l’eventuale riconoscimento di un debito non dovuto, perché per loro di questo si trattava dal momento che il debito Tia era dei cittadini, avrebbe potuto determinare un danno erariale. Stesso concetto è stato ribadito nelle dichiarazioni rese alla stampa dall’assessore Capirci dopo la sentenza di fallimento della Latina Ambiente. Ma chi lo ha stabilito che l’ente è totalmente estraneo al debito?
La Tia fu istituita a Latina nel 2006 e in base ad una convenzione tra il Comune e la Latina Ambiente fu stabilito che, per il triennio 2006-2008, le attività riguardanti la gestione della tariffa d’igiene urbana fossero affidate alla società mista, quale soggetto gestore dell’intero ciclo dei rifiuti. Nel 2009 la stessa convenzione venne rinnovata per il triennio 2009-2011. Come è noto la Corte Costituzionale, con sentenza 238 del 24 luglio 2009 stabilì che la Tia, al pari della Tarsu, aveva natura tributaria e non patrimoniale, comportando così che il soggetto attivo del tributo fosse il Comune e che la gestione dei proventi fosse imputabile alla contabilità dell’ente locale. A seguito di questa sentenza la convenzione 2009-2011 fu debitamente modificata, mentre per il periodo precedente 2006-2009 fu inserito un addendum alla convenzione originaria “atteso che dal 2010 la gestione della tariffa viene esercitata direttamente dal Comune”.
A richiamare l’attenzione sul fatto che l’attribuzione di natura tributaria alla Tia aveva portato con sé l’impossibilità di applicare il modello gestionale trilaterale tipico della concessione di pubblico servizio, fu l’Anci con circolare del 2 marzo 2010. L’associazione nazionale a chiare note avvertiva gli enti locali che il Comune soggetto attivo del tributo non poteva, per effetto della sentenza della Corte Costituzionale, spogliarsi di tale veste attribuendola ad un altro soggetto, ma doveva conservare la titolarità dell’entrata, stante la sua natura pubblicistica, potendo tuttavia affidare la gestione, l’accertamento e la riscossione ad altri soggetti. Dello stesso avviso il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili e un parere del Consiglio di Stato – sezione Piemonte – che a specifico quesito così risponde: “La ritenuta natura di tributo della TIA – e di soggetto attivo in capo al Comune – implica la sua iscrizione nel bilancio comunale al Titolo I (Entrate tributarie) secondo l’art. 165 TUEL. La remunerazione da parte del Comune del servizio di gestione dei rifiuti e di riscossione del tributo costituirà una uscita di parte corrente, nonché un costo di cui l’ente stesso dovrà tenere conto nel deliberare la Tariffa”.
Capirci, in questi giorni, ha dichiarato che nei bilanci non ci sarebbe traccia dei 13,8 milioni di euro. Delle due una: o Capirci ha preso un abbaglio o la contabilità dell’ente fa acqua.