La storia di Giorgio (nome di fantasia), bocciato in seconda media nonostante sia disabile, ci riguarda tutti. La scuola è un universo ampio, difficile generalizzare, eppure chi si ritrova a dover affrontare un problema è lasciato il più delle volte solo.
Un bambino che ha comportamenti non standardizzati, che non è facile da gestire, che non è attento o ha difficoltà con regole e imposizioni, è visto in molti casi come un problema. Il più delle volte non è colpa degli insegnanti, ma spesso non sono preparati e non sono messi in grado di far fronte a necessità diverse.
Con tanti bambini per ogni classe il soggetto “diverso” è difficile da seguire.
La storia di Giorgio non è così distante da quella di tanti altri. Complicatissimo anche capire se il bambino ha un problema, quale e come affrontarlo. E allora capita di sentire, quando ha appena un anno e mezzo, che “ha gli occhi troppo vicini e forse è il caso di farlo vedere”, magari soltanto perché non ha lo stesso grado di attenzione degli altri. Oppure: “Lo venga a prendere alle 12.30 per i primi 3 o 4 mesi”, quando invece il piccolo è iscritto al tempo pieno, mandando le madri in tilt, perché se si è scelto un orario forse è perché quella era la necessità.
È un mondo dove la fortuna di questi bambini è trovare l’insegnante giusta, che non sia stanca, che svolge questo lavoro con il cuore, che arrivi al bambino difficile, al bambino disabile, che lo accolga e lo contenga. Non dovrebbe però essere così, ci dovrebbero essere procedure da seguire, professionalità da interpellare, una rete di aiuti all’interno della scuola che si estenda alla famiglia. Non dovrebbe succedere che se un’insegnante di sostegno stia male, il bambino non possa frequentare le lezioni perché non si può chiamare un sostituto.
Invece no, la famiglia è sola, e se ha le capacità mentali ed economiche per affrontare la situazione, allora le cose vanno per il verso giusto, si risolvono. Altrimenti è possibile che capiti come alla madre di Giorgio, che presa da 5 figli e da altri problemi, non porti un certificato e il meccanismo si blocchi. E le conseguenze possono essere gravi. Giorgio si sente umiliato, sa in cuor suo che non può fare più di quanto già ha fatto, impegnarsi per lui non porta agli stessi risultati degli altri compagni e non può essere giudicato allo stesso modo. I giudici diranno se la scuola ha mancato in qualcosa oppure no. Ma la riflessione è più vasta.
Una maestra ha spiegato molto bene cosa succede in casi simili. Se un bambino è più vivace, più aggressivo, meno pronto a rispettare regole e imposizioni, la colpa viene immediatamente data alla famiglia. Eppure, rifletteva, ci sono situazioni diverse da caso a caso e al centro deve sempre esserci l’alunno, con i suoi bisogni e la sua richiesta di aiuto, che sarà più violenta, quanto più è impellente.