Eccoci arrivati al terzo appuntamento con il mio racconto a puntate .
Vi lascio alla lettura , non prima di avervi lasciato i link per i due capitoli precedenti.
Capitolo 3
La casa viola
Sarà aprì la finestra . In camicia da notte e a piedi nudi uscì sul terrazzino, annusando l’aria come fanno i cani quando fiutano un odore che li attrae.
Una folata di vento la fece rabbrividire .
Rientrò, si avvicinò al letto e coprì la bambina raccogliendo le coperte che erano scivolate sul pavimento.
Greta non aveva voluto dormire da sola quella notte : quella piccola birbante sapeva come farsi volere bene! Le bastava uno dei suoi abbracci per ottenere da Sara quasi tutto quello che voleva.
Erano ormai tre anni che lavorava a tempo pieno come baby sitter in casa Palmieri , da quando Alessandro e Emma , avevano deciso di lasciarsi.
Tra lei e la bambina , che all’epoca aveva solo cinque anni, era subito nato un bellissimo rapporto e ora sembravano quasi sorelle.
Greta restava con il padre per lunghi periodi: Emma non aveva mai nascosto il suo quasi inesistente senso materno e Alessandro , sempre più assorbito dal lavoro , aveva dovuto cercare un aiuto.
Per Sara quel lavoro si presentò subito come un’occasione fortunata: le consentiva di mantenersi e le lasciava tempo per la sua vera passione , la fotografia.
Indossò un paio di jeans , raccolse i lunghi capelli in una treccia di fortuna e uscì , accostando delicatamente la porta per non svegliare la bambina.
Scese al piano terra , seguendo il profumo di vaniglia e cannella, fino alla dependance.
Anna la accolse con un sorriso .
“Buongiorno, è già tutto pronto se vuole fare colazione. E’ la prima stamattina.” cinguettò facendole cenno di accomodarsi.
“Grazie , ma diamoci del tu. Piacere, Sara.”
“Anna” rispose allegra la ragazza stringendole la mano “Si dorme bene qui vero?” aggiunse poi accompagnandola.
Sara si sedette ad un tavolo vicino all’ingresso annuendo compiaciuta.
Chiese un caffè e pensò che non le dispiaceva essere la prima: non amava mangiare da sola in compagnia di sconosciuti.
“Oggi abbiamo la torta di mele. Claudia l’ha appena sfornata. Ti consiglio di assaggiarla . E’ stre-pi-to-sa!” suggerì Anna con enfasi
Ecco spiegato il delizioso profumo che l’aveva guidata fin lì!
Quello era il suo dolce preferito !
Stava appunto gustandone la seconda fetta quando Antonio entrò con la sua cesta di pane appena sfornato.
Aveva l’abitudine di passare sempre per la saletta delle colazioni , entrando dalla veranda, sebbene Claudia più volte lo avesse ripreso: sperava di incappare in qualche bella turista solitaria.
E quella mattina pensò che finalmente il suo giorno fortunato era arrivato.
Si fermò accanto al tavolo di Sara,posando la pesante cesta sul pavimento. Quindi con un gesto fulmineo che lasciò la ragazza inebetita , prese dal tavolo un tovagliolo e le pulì le briciole di torta che le erano rimaste attaccate all’angolo della bocca .
“Lo so, è impossibile resistere alla torta di mele di Claudia!” disse poi , rimettendo a posto il tovagliolo.
La ragazza arrossì e inghiottì il boccone che stava quasi per strozzarla. Quindi accennò un sorriso imbarazzato.
Pensò che quell’uomo fosse tanto sfacciato quanto affascinante e non riuscì a staccare gli occhi dal bianco della camicia che esaltava il suo fisico asciutto , forte ed abbronzato.
Antonio, raccolta da terra la cesta, salutò con un cenno e sorridendo sparì in cucina.
***
Ogni giorno, con qualsiasi tempo e in qualsiasi stagione , da quando si era trasferita lì con Marco, Claudia usciva per una corsa.
Non che fosse una patita del fitness. Però negli anni , la gravidanza e la sua passione per il buon cibo , le avevano regalato un fisico morbido che Marco sembrava apprezzare , ma che in cuor suo sapeva di dover tenere sotto controllo.
“Ricorda che a me piace la carne intorno all’osso”la scherniva quando la vedeva prepararsi per andare a correre.
Claudia lo baciava , lasciandolo al suo lavoro.
Marco scriveva.
Oltre a diverse collaborazioni con giornali e riviste, aveva pubblicato già tre romanzi.
Quando si erano conosciuti a Londra , lui si trovava lì per delle ricerche ,utili al suo ultimo libro.
Si erano incontrati al pub dove Claudia lavorava per mantenersi : la mattina frequentava un costoso corso di inglese e dal pomeriggio , fino a tarda notte, faceva la cameriera in quel piccolo locale frequentato per lo più da turisti.
Ogni tanto si fermava a scambiare due parole con quell’italiano solitario , che passava ore ed ore seduto ad un tavolino appartato , sorseggiando birra, leggendo , scrivendo e rosicchiando matite.
Non smetteva mai di scrivere.
A volte restava perso dietro qualche pensiero, fissando il vuoto o qualcuno seduto altrove.
Studiava le persone , immaginava le loro vite, cercava soggetti per i suoi racconti.
I capelli brizzolati e sempre spettinati, gli occhi azzurri e grandi dietro gli occhiali tondi che indossava per leggere , avevano affascinato Claudia : le piaceva restare a parlare con lui , ascoltare i suoi racconti e leggere stralci del romanzo al quale stava lavorando , quando glielo permetteva.
Lui , spesso , l’aspettava fino alla chiusura e si offriva di accompagnarla a casa, un piccolo appartamento che divideva con altre due ragazze italiane conosciute al corso di inglese appena arrivata a Londra.
Il percorso che Claudia affrontava ogni mattina era sempre lo stesso: cinque chilometri di sentiero, quasi tutto in piano , la meta preferita dei suoi ospiti che amavano percorrerlo in bicicletta.
Il sentiero si snodava attraverso campi coltivati, era fiancheggiato da un canale e portava fino alle sponde del lago. D’estate il prato era tutto un fiorire di asciugamani e sdraio.
Lì il sole non era mai aggressivo e le acque fresche e limpide del lago erano un dono nelle giornate più torride dell’anno.
Claudia non amava isolarsi dietro un paio di cuffiette. La sua musica preferita era quella offerta dalla natura che intonava cori e suonava concerti degni dei migliori palcoscenici.
Non arrivava mai fino alla fine del sentiero.
La sua meta era la casa viola.
Una villetta dalle scarse ambizioni architettoniche che però le piaceva , soprattutto per il tenue color lavanda delle sue pareti che la faceva risaltare nel verde.
Intorno al piccolo giardino , sempre curatissimo , uno steccato bianco e una rete dietro la quale, ogni volta che lei sopraggiungeva , un cane dal pelo lungo marrone e bianco si avvicinava e iniziava ad osservarla.
Allora lei lo salutava e lui scodinzolava chiedendo una carezza.
La casa però si trovava sull’altra sponda del canale. Più avanti , lungo il sentiero , c’era un ponte ma lei , in tanti anni , non lo aveva mai attraversato.
Claudia si fermava sempre davanti alla casa viola.
Riprendeva fiato , stirava i muscoli poggiandosi al tronco di un albero .
Qualche volta , quando si sentiva più stanca, si sedeva all’ombra e restava lì qualche minuto.
Non era mai riuscita a capire chi abitasse in quella casa.
Nessuno sembrava sapere chi ne fosse il proprietario. E , a dire il vero, anche lei aveva sempre e soltanto visto il cane e qualche gatto, ma mai nessuno all’interno del giardino , o dietro le finestre.
Eppure era evidentemente abitata e curata.
Quel giorno però qualcosa attirò la sua attenzione: un movimento rapido dietro una delle finestre .
Si alzò di scatto e si avvicinò il più possibile stando attenta a non scivolare nel canale.
Era sicura di aver visto qualcuno scostare una delle tende della finestra grande al piano terra.
Si sporse ancora un po’ facendosi ombra con la mano sulla fronte ….ma niente .
Tutto era fermo , immobile e silenzioso come sempre.
Il richiamo stridulo di una gallinella d’acqua la fece sobbalzare pericolosamente .
Si aggrappò alle canne che costeggiavano il canale e tornò con i piedi ben saldi sul sentiero.
***
La festa di fine estate era ormai diventata un’istituzione : nei due giorni dedicati ai festeggiamenti il lavoro quadruplicava.
Anna e Claudia l’avevano trasformata in un evento che riusciva a riunire i turisti e gli abitanti dei dintorni in un vero e proprio baccanale.
I tavoli erano già tutti pronti , mostravano civettuoli le allegre tovaglie gialle e bianche . Erano disposti un po’ ovunque sotto il patio , nel prato , e sotto la grande quercia .
Tra poco Claudia sarebbe scesa e avrebbe dato il via ai festeggiamenti con un piccolo discorso, come faceva ogni anno.
Questa volta però sarebbe stato diverso.
Marco non poteva aiutarla a cercare le parole più giuste . E a nulla serviva stare seduta alla sua scrivania che tante volte lo aveva ispirato , soprattutto negli ultimi giorni della sua malattia.
Per lei era una magia la capacità di suo marito di saper unire parole a pensieri e sensazioni.
Lesse e rilesse le poche righe che era riuscita a buttare giù e finì con l’appallottolare l’ennesimo foglio.
Uscì sul terrazzino : c’erano già diverse persone che si avvicendavano al buffet. L’orchestra aveva iniziato a suonare . Anche quell’anno era stata Anna a scegliere il gruppo ed era già in mezzo allo spazio lasciato libero apposta per ballare. Nel suo vestitino rosso ,corto ,cosparso di fiori bianchi , era l’anima della festa .
D’un tratto le arrivarono le note di una canzone che , per anni , aveva chiuso fuori dei suoi ricordi.
Era stata la canzone che aveva fatto da sottofondo alla sua storia con Alessandro.
Quando si erano lasciati aveva smesso di suonare. Per sempre.
Fino a quella sera.
Claudia restò stupita quando scoprì di ricordarne ancora tutte le parole e si ritrovò a canticchiarla.
Purtroppo non le riportava alla mente i momenti più belli vissuti con Alessandro. Ma solo quelli più tristi, quelli che invece avrebbe voluto cancellare per sempre.
Rivisse , attimo per attimo , il dolore di quel giorno in cui lei gli aveva confessato di essere incinta , gli aveva parlato di Marco , lo aveva supplicato di perdonarla .
Alessandro si era liberato dalla stretta delle sue mani , senza neppure una parola , e si era allontanato senza più voltarsi indietro.
Da quel giorno non si erano più visti .
Sulla scia di quei ricordi che ancora riuscivano a strapparle una lacrima e un imperdonabile senso di colpa , finalmente Claudia riuscì a trovare le parole giuste.
Tornò a sedersi alla scrivania di Marco e scrisse il suo discorso.
Prima di scendere alla festa si diede un’ultima fugace occhiata nello specchio del bagno e pensò che forse era meglio cercare qualcosa per coprirsi le spalle : più tardi ,senz’altro ,avrebbe sentito freddo.
Ricordò di avere riposto uno scialle nell’unico cassetto del piccolo armadio .
Tentò di aprirlo ma qualcosa lo bloccava, o forse erano solo l’umidità e i tanti anni che quel mobile si portava dietro.
Con uno strattone infine riuscì ad aprire il cassetto e fu allora che si accorse che qualcosa era effettivamente incastrato sul fondo: un quaderno , uno di quelli che Marco usava per prendere appunti quando iniziava un nuovo lavoro.
Riuscì a tirarlo fuori. Ora il cassetto apriva e chiudeva bene.
Prese lo scialle , diede ancora un’occhiata al quaderno chiedendosi perché fosse in quel cassetto e non insieme a tutti gli altri appunti di Marco che, anche se possedeva il meglio che la tecnologia potesse offrirgli , aveva sempre preferito affidarsi ai metodi tradizionali per la stesura dei suoi lavori. Solo dopo aver messo la parola fine, si decideva a riportare e salvare tutto sul portatile.
Claudia posò il quaderno sulla scrivania, rimandando la sua curiosità a quando avesse avuto più tempo. Quindi uscì , richiudendo la stanza con la chiave.
Da più di un anno la teneva chiusa , come se soltanto così potesse conservare intatti i suoi ricordi.
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