La tragedia di Kos “torna” a Latina con un conferenza organizzata presso il Museo della Terra Pontina. Dopo una cerimonia religiosa di fine estate nel capoluogo pontino, il sacrificio di 103 ufficiali italiani sarà commemorato nell’ambito dell’iniziativa che avrà luogo venerdì 31 gennaio, con inizio alle 17.
“Kos, una tragedia non più dimenticata” è il titolo della conferenza curata dal museo ospitante l’evento, dal Comitato per i caduti di Kos e dall’Associazione nazionale combattenti e reduci – federazione provinciale di Latina e sezione “Gelasio Caetani” di Latina.
L’iniziativa – fanno sapere gli organizzatori – si inserisce nel palinsesto ufficiale delle attività relative alla “Giornata della Memoria”, al fine di perpetuare il ricordo del sacrificio di 103 Ufficiali Italiani del 10° Reggimento di Fanteria “Regina” trucidati dai nazisti sull’isola di Coo nell’ottobre 1943.
La storia
Tra il 4 e il 6 ottobre del 1943, sull’Isola di Coo, che a quel tempo era possedimento italiano essendo parte del Dodecaneso (Mar Egeo), 103 ufficiali italiani del 10° Reggimento di Fanteria “Regina” vennero fucilati come rappresaglia per la resistenza opposta all’invasione tedesca dell’isola dopo l’Armistizio di Cassibile dell’8 settembre 1943, che sanciva la cessazione delle ostilità tra l’Italia e gli anglo-americani.
Nel febbraio 1945, i corpi di 66 ufficiali vennero ritrovati in 8 fosse comuni a Ciflicà, località nei pressi di Linopoti. Le 66 salme recuperate (di cui solo 62 identificate) furono traslate dapprima nel cimitero cattolico della città e, nel 1954, al “Sacrario dei Caduti d’Oltremare” di Bari. Nel 1958 il Presidente della Repubblica Italiana Giovanni Gronchi concesse alle vittime e ai dispersi dell’eccidio la Croce al Merito di Guerra.
Dopo il ritrovamento delle 66 salme nel 1945 e nonostante fosse noto il luogo in cui i corpi presumibilmente giacevano, restavano ancora oltre 30 salme da recuperare. Nel luglio del 2015, un gruppo di una ventina di ricercatori volontari greci e italiani sotto la guida del colonnello Pietro Giovanni Liuzzi, oggi presidente del Comitato per i caduti di Kos, ha identificato il luogo dove gli ufficiali furono fucilati e seppelliti, rinvenendo effetti personali e alcune ossa, identificate poi come umane e coeve alla data della strage dall’Università di Trieste, i cui resti umani sono stati inseriti all’interno di un’urna marmorea presso l’ossario del cimitero cattolico dell’isola di Coo.
Lo scopo dell’iniziativa
“La conferenza si propone, attraverso la disamina della documentazione ufficiale dell’epoca ed i risultati delle indagini condotte negli anni dal colonnello Pietro Giovanni Liuzzi proprio sull’isola di Coo al fine di ricercare i resti mortali dei 103 Ufficiali Italiani del 10° Reggimento di Fanteria “Regina”, di contribuire a favorire il ricordo e la conoscenza storica su una tragica vicenda per troppi anni dimenticata affinché Kos, al pari di Cefalonia, El Alamein, Nikolajewka ed altri, rientri a pieno titolo nei luoghi della memoria nazionale”, spiegano gli organizzatori dell’evento di venerdì prossimo.
La partecipazione all’iniziativa è libera. Previsti gli interventi di Manuela Francesconi, direttrice Museo della Terra Pontina, di Simone Di Leginio, presidente della federazione pontina e della sezione di Latina dell’Associazione nazionale combattenti e reduci, e del colonnello Pietro Giovanni Liuzzi, presidente del Comitato per i Caduti di Kos.
Il retroscena
La tragedia di Kos e le ricerche del colonnello Liuzzi sono recentemente approdate nel Consiglio comunale di Latina a seguito di un’interrogazione (a firma dei consiglieri Salvatore Antoci e Olivier Tassi) volta a chiedere lumi sul perché l’amministrazione comunale, sebbene invitata, non si fosse presentata alla cerimonia commemorativa organizzata presso la chiesa di San Bartolomeo. Nel corso del question time con all’ordine del giorno dedicato all’argomento, il vice sindaco Maria Paola Briganti ha spiegato le ragioni per le quali l’amministrazione non aveva concesso il patrocinio all’iniziativa chiedendo scusa al comitato presieduto da Liuzzi per “il difetto di comunicazione”.