«Fare una startup è come lanciarsi in un burrone e costruire un aereo mentre si cade».
E’ questa una delle più famose frasi che vengono riportate quando si parla di start up. E’ una citazione di Reid Hoffman, cofondatore di LinkedIn che rende molto bene lo spirito che il giovane imprenditore, lo “startupper” deve avere insito in sè.
Quando parliamo di giovani imprese, molto spesso i termini si vanno a sovrapporre e si rischia di ingenerare un po’ di confusione. Parlare oggi di “nuove imprese” non è certamente la stessa cosa del parlare di start up o di start up innovative.
Molto spesso assistiamo a convegni, seminari e webinar dove si parla indistintamente di nuove attività, PMI e start up senza un vero criterio tecnico, con il rischio di disorientare ed ubriacarsi di bei termini anglofoni fini a se stessi.
Cerchiamo di fare un minimo di chiarezza, anche se poi, l’uso comune, crea sempre una qualche incertezza lessicale, per non parlare poi dell’utilizzo di termini come PMI e MPMI…
La definizione di PMI (Piccola Media Impresa) deriva da una normativa europea del 2003 dove si definisce impresa “ogni entità, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che eserciti un’attività economica. Sono considerate tali anche le entità che esercitano un’attività artigianale o altre attività a titolo individuale o familiare, le società di persone o le associazioni che esercitino un’attività economica”. L’impresa Artigiana ha una sua particolare normativa ed una sua tipicità di cui poi ci occuperemo prossimamente.
Le imprese si suddividono principalmente in base al numero dei dipendenti e al fatturato:
Microimpresa sono quelle imprese con meno di 10 occupati e con un fatturato annuo o bilancio non superiore ai 2 milioni di euro.
Piccola Impresa sono le attività con meno di 50 occupati e con un fatturato annuo o bilancio annuo non superiore a 10 milioni di euro.
Media Impresa è quella con meno di 250 occupati e con un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro, oppure un bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro.
Ora vediamo cosa si intende realmente per Start Up, affinché si eviti un utilizzo improprio e forviante del termine. Usualmente si vuole identificare –impropriamente- “Start up” una nuova impresa/attività che non ha ancora bilanci consolidati o che si muove all’interno dei cinque anni dall’avvio, mentre il termine “corretto” indica una impresa quale “organizzazione temporanea” che ha alla sua base un modello di business legato all’innovazione di processo o di prodotto, con un modello aziendale che sia ripetibile e scalabile sul mercato. Parliamo di impresa “temporanea” poiché deve crescere rapidamente e divenire “Impresa” grazie all’alto contenuto tecnologico.
Le “Start Up Innovative” devono essere registrate in un apposito registro tenuto dalle Camere di Commercio. Questo gli permettere ad accedere a particolari agevolazioni.
La costituzione di una Start Up (quella vera!) ha in se alcuni requisiti ben sanciti dalla legge, anche perché una start up può accedere a particolari agevolazioni a lei riservate. Inoltre questa particolare di tipologia imprenditoriale, ha precisi fasi di crescita, con un preciso ciclo di vita. Sul sito del MISE vi è una particolare sezione correlata di tutta la documentazione anche relativa agli incentivi.
Abbiamo poi la “Start Up Innovativa” (decreto 179 del 2012) ovvero una giovane impresa ad alto valore e contenuto tecnologico. In definitiva la “Start Up” è “scalabile” sul mercato, mentre per una normale impresa non è un requisito essenziale.
Sono questi tutti aspetti legali e tecnici, ma alla base di ogni esperienza imprenditoriale deve essere il desiderio di raggiungere i propri obiettivi e il proprio sogno, la propria Vision.