Espatriato Giovanni Di Giorgi, fermato per qualche turno Pasquale Maietta – il cui impegno dopo l’inchiesta Don’t Touch creerebbe più imbarazzi che altro – e spariti uno a uno i valvassori e valvassini che fino a pochi mesi fa giuravano eterna fedeltà alla causa, è a Nicola Calandrini che adesso tocca cantare e portare la croce dei Fratelli d’Italia in provincia di Latina.
Onere di cui l’eminenza grigia di Latina Scalo ha magari anche sempre sperato in cuor suo di arrivare prima o poi a farsi carico, ma, c’è da scommettere, non proprio come gli sta capitando di fare in questi giorni. Non in un simile contesto di desolazione e sconforto, insomma, e, quel che è certo, non per manifesta inopportunità dei suoi “competitor” interni.
Eppure è quello su cui da una manciata di settimane l’ex numero uno del consiglio comunale si sta industriando. Vale a dire rimettere in piedi il suo partito (o quello che resta) e magari provare disperatamente a riposizionarlo da qualche parte nel quadro di un centrodestra pontino che più diviso non si può. Quel centrodestra, cioè, che in Forza Italia e Ncd si è ormai assolutamente convinto che per le alleanze (si legga presidenza della Provincia) e gli accordi trasversali (vedere alla voce società partecipate) siano assai più affidabili gli avversari del Pd che non i Fratelli d’Italia. Anzi, i fratellastri d’Italia, viste le dimensioni delle lame dei coltelli che si sono levati nel tutti contro tutti di meno di un anno fa e che ha portato Di Giorgi a fare fagotto e a prendere, in meno di un mese, la Monti Lepini direzione ciociaria.
A guardarlo perciò con gli occhi di oggi, il lavoro che attende Nicola Calandrini è lontano dall’essere un risultato facile da portare a casa facendo tutto da solo. Si giustifica così allora il sostegno di Marco Marsilio, segretario regionale del partito della Meloni che giorni fa si è speso in una capriola politica e linguistica su cui ci sarebbe da sorridere se non ci fosse, prima di tutto, un po’ anche da arrossire.
E già perché con una risolutezza che non avrebbe ragione di esistere visto che quello in nome del quale parla è l’ultimo partito azionista della maggioranza di piazza del Popolo – e quindi il maggiore responsabile in quota parte dello sfascio dell’ultima esperienza amministrativa -, Marsilio si permette, petto in fuori, una lezioni di unità a tutti gli alleati del centrodestra. Arrivando persino ad un improbabilissimo aut aut all’indirizzo dei “traditori” di Forza Italia nel caso in cui questi dovessero decidere di rispondere con una sonora pernacchia all’invito per le primarie del centrodestra lanciate nella stessa occasione proprio da Marsilio.
Cosa che peraltro gli azzurri di Latina pare stiano preparandosi a fare.
La pernacchia, vogliamo dire, non le primarie.