Fondi per il secondo giorno consecutivo al centro della cronaca. Cinque persone sono finite nei guai nell’operazione di questa mattina contro il caporalato.
Gli agenti della Questura di Latina e del commissariato di polizia di Fondi hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari disposta dal gip di Latina, su richiesta della locale Procura, nei confronti di un 50enne, P.L.D sono le sue iniziali e della moglie di 49 anni, R.A. Divieto di dimora nella provincia di Latina invece per un 57enne (N.P.D.), un 48enne (L.P.D.) e un 24enne (M.P.D).
Sono indagati a vario titolo per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro e per la violazioni al testo unico sugli stranieri in materia di lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato. Sequestrate 2 società agricole, di proprietà dei 2 coniugi finiti ai domiciliari ed attive nel settore ortofrutticolo e florovivaistico.
L’indagine partite tra i mesi ottobre e novembre dello scorso anno ricostruisce un collaudato sistema di reclutamento e sfruttamento di numerosi braccianti agricoli, italiani e stranieri, impiegati ed utilizzati con modalità illecite all’esclusivo servizio di due aziende.
Dalle dichiarazioni rese proprio dai lavoratori, dai servizi di osservazione eseguiti, dalla documentazione acquisita e dalla stessa verifica delle retribuzioni corrisposte è emerso un quadro allarmante di sfruttamento dei braccianti, con totale disinteresse e spregio, da parte dei due titolari delle aziende, delle effettive condizioni lavorative e con rischio per la stessa incolumità dei lavoratori.
Tutte le persone offese hanno raccontato circostanze univoche ed idonee a dimostrare le condizioni lavorative degradanti, in ambienti completamente invasi dall’umidità e dal fango, in totale assenza di qualsivoglia presidio antinfortunistico.
Di assoluta evidenza la condizione di sottomissione e di bisogno dei braccianti (extra comunitari e in alcuni casi clandestini) disposti a lavorare in condizioni disagevoli e totalmente ignari della normativa italiana a presidio dei loro diritti, oltre che evidentemente inconsapevoli del contenuto dei contratti di lavoro firmati.
Le aziende avrebbero prelevato, con mezzi della stessa ditta guidati da dipendenti con funzioni di autista, i lavoratori nei pressi delle loro abitazioni e più precisamente in punti di raccolta ben precisi posti anche nei comuni limitrofi, per condurli prima nell’azienda principale e poi dividerli sui campi,.
Sui mezzi di trasporto i braccianti venivano stipati senza misure di sicurezza. Poi svolgevano una giornata lavorativa fino a 10 ore, per 25/26 giorni al mese, senza che agli stessi venisse per altro riconosciuto eventuale straordinario per le ulteriori ore prestate, senza alcuna copertura sanitaria, senza alcuna retribuzione aggiuntiva in caso di festività o riposo settimanale e senza presidi antinfortunistici o di sicurezza.
I braccianti lavoravano quindi in difformità a quanto previsto dal CCNL posto che a fronte di 8 ore di lavoro prestate mediamente, gli veniva corrisposta una paga giornaliera di 30 o 32 euro. Nella fattispecie i lavoratori percepivano una paga che oscillava fra i 500 e gli 800 euro al mese, corrispondente a meno di 4 euro all’ora.
I primi spunti investigativi idonei a dare inizio all’indagine pervenivano dall’Ufficio immigrazione della Questura di Latina che ha raccolto le dichiarazioni di un lavoratore, di nazionalità indiana, privo di permesso di soggiorno e di contratto di lavoro, il quale, costretto dalla necessità di sopravvivere nonché di mantenere in vita il suo stesso nucleo familiare, rimasto nel paese di origine, si sarebbe sottoomesso alle più svariate vessazioni in campo lavorativo e non, subendo in maniera fuori dal normale e inumana turni di lavoro massacranti e faticosi, anche notturni, senza alcun giorno di riposo e con una paga al di sotto di quella dovutagli e sicuramente non per le mansioni ricoperte.
Alle iniziali dichiarazioni rese dal primo lavoratore indiano, si sono poi aggiunte nel corso delle indagini quelle di ulteriori lavoratori dalle quali è emerso un disarmante quadro di sfruttamento creato dai due coniugi interessati all’esclusivo e incurante lavoro forzato dei braccianti.