Chiude nel nome di Rossini il 52° Festival Pontino di Musica: domenica 31 luglio all’Abbazia di Fossanova alle ore 21 è in programma lo spettacolo di teatro e musica appositamente ideato per il Festival: Pensa alla Patria. Gioachino Rossini, musicista, fra Rivoluzione e Restaurazione. Sul palco Vittorio Emiliani – giornalista, saggista, autore della vasta biografia Il furore e il silenzio. Vite di Gioachino Rossini – e l’attore Lorenzo Lavia, figlio d’arte, leggeranno alcuni passi dall’epistolario del musicista pesarese, mentre un quartetto di giovani musicisti – formato da Cesare Zanfini e Caterina Coco violini, Dagmar Bathmann violoncello e Angel Luis Martínez Pérez contrabbasso – eseguiranno alcuni estratti dalle Sonate a Quattro n. 1, n. 3 e n. 6 e dalle opere Mosé in Egitto e Tancredi nella riduzione per soli archi.
Lo spettacolo prende spunto dal fiasco clamoroso del Barbiere di Siviglia avvenuto duecento anni fa, il 20 febbraio 1816, al Teatro Argentina di Roma, e ripercorre le tappe salienti di una carriera inimitabile, alla scoperta del Rossini giovane figlio che si affaccia timidamente nel mondo della musica lirica, fino al silenzio che ha caratterizzato la sua vita, all’indomani del trionfo del Guillaume Tell a Parigi, nel 1829, ad appena trentasette anni. «Proprio pensando a quella data memorabile – racconta Vittorio Emiliani – e alla nascita di una delle opere liriche più famose nel mondo, Il Barbiere di Siviglia, è nata l’idea di questa lettura con musica. Non tutti sanno, però, che si tratta di un genio precocissimo: cantante per anni, capace di suonare vari strumenti, in orchestra a 8-9 anni, compositore a dieci con la Messa di Ravenna, a dodici di Sonate cameristiche tuttora eseguite, a quindici scrive la sua prima opera lirica su commissione, Demetrio e Polibio; a ventuno anni conta già dieci opere rappresentate ed è già celebre in tutta Europa con l’aria “Di tanti palpiti” del suo Tancredi. A 24 anni, dunque, con Il barbiere di Siviglia, entra semplicemente nella storia. Ma, a soli 37 anni, nel 1829, dopo il trionfo parigino del Guillaume Tell, lascia per sempre il teatro in musica. Ha alle spalle 40 lavori composti in meno di vent’anni. Abbandona il teatro ma non la musica. Comporrà per sé centinaia di pezzi per pianoforte e due capolavori che annunciano già il ‘900: lo Stabat Mater e la Petite Messe Solennelle. E’ entrato nel buio della depressione in alcuni momenti nerissima. Si finge ancora un “bon vivant”, ma oscilla fra momenti di allegria e altri di disperata malinconia. Il suo grande amico, il romanziere, Honoré de Balzac la definisce “una nevrosi da successo”. Una doppia vita, tante vite e tanti misteri dietro quel volto da gaudente. Che scopriamo anche grazie alle numerose testimonianze autografe: un carteggio tra Gioachino ed i suoi cari, genitori e amici, che permette di entrare a fondo, per quanto si può, nella sua sfera personale e di meglio apprezzarne l’influenza che quest’ultima ha avuto nel processo di creazione».