Claudio Fazzone si schiera al fianco di commercianti e piccoli imprenditori: “Il governo Conte faccia marcia indietro e anticipi la ripartenza di importanti esercizi commerciali”.
“Un altro mese di rinvio per le attività commerciali e ancor più per chi opera con il turismo, per ristoranti, bar e stabilimenti balneari – ha spiegato – significa penalizzare ulteriormente una categoria che ha già pagato un conto sin troppo caro a questa crisi. Molte fra queste categorie guardavano al 4 maggio come una prima data almeno per una parziale ripartenza. Al contrario il premier Conte ha soffocato queste aspettative, concedendo poco, se non ad esempio la possibilità di vendere cibo da asporto.
Il commercio, le imprese, si stavano già preparando; i mercati, che lavorano in spazi aperti, avrebbero potuto organizzarsi, con tutti gli accorgimenti necessari e nel rispetto delle normative, dei consumatori e degli stessi esercenti, a riprendere il lavoro.
E’ assolutamente sacrosanto avere a cuore la salute pubblica e non a caso sono stati predisposti dei protocolli per varare soluzioni che consentano di lavorare in sicurezza. E allora perché non consentire a tanti esercizi commerciali di rimettersi in moto, magari riaprendo dopo una settimana di rodaggio? Per quale motivo si è deciso che importanti attività devono attendere un mese per rialzare le saracinesche?
Le piccole e medie imprese – ha continuato l’esponente pontino di Forza Italia – che sono l’ossatura stessa di questo paese, stanno pagando a caro prezzo questa crisi. Ci aspettiamo che il Governo intervenga con contributi a fondo perduto, oltre a stabilire una sospensione dei pagamenti, almeno per tutto il 2020. Penso a tante attività della mia regione, il Lazio, obbligate a pagare bollette e affitti, senza poter incassare un euro.
Non possiamo correre il rischio di passare dall’emergenza sanitaria alla catastrofe economica nell’arco di pochissime settimane”.
Come date propone quella dell’”11 o al massimo il 18 maggio, non certo a giugno”.
“Contemporaneamente – ha concluso – mi sento il dovere di chiedere il varo urgente di contributi a fondo perduto per aiutare le imprese, senza costringerle ad indebitarsi ulteriormente attraverso il ricorso ai prestiti, come indicato nel decreto liquidità, ribattezzato dal sottoscritto come decreto salvabanche”.