A colpi di esposti, l’ex sindaco di Cori Tommaso Bianchi combatte la sua battaglia sul campo minato dell’urbanistica. E questa volta la bomba è esplosa nell’ufficio tecnico per una sanatoria sui generis di due anni fa, che avrebbe potuto trarre in inganno anche la Procura della Repubblica. Nei guai il dirigente dell’urbanistica, l’ingegnere Luca Cerbara, e la proprietaria dell’immobile “sanato”.
L’origine di questa storia risale al 2014 quando viene presentata al Comune di Cori una Scia per modifiche interne ad un’abitazione di campagna. Ma al primo sopralluogo della Polizia Locale scattano i sigilli per la realizzazione di un ampliamento ritenuto abusivo, ovvero per la realizzazione di un portico con tamponature laterali costituenti una stanza aggiuntiva di una ventina di metri quadrati. L’informativa di reato viene trasmessa in Procura.
L’anno seguente l’abuso edilizio viene sanato. Come? Ovviamente né in forza di un condono edilizio, né in base al cosiddetto articolo 36 del Dpr 380 la cui applicazione viene riservata a lavori realizzati senza autorizzazione purché conformi al Piano regolatore generale, pagando il doppio degli oneri concessori. Del resto nessuna delle due opzioni sarebbe stata percorribile. L’immobile viene sanato in base all’articolo 33 dello stesso Dpr, costato alla proprietaria dell’abitazione 4.000 euro. Gli atti vengono trasmessi alla Procura, anche perché vanno a revocare una precedente ordinanza di demolizione emessa sulla base del sequestro effettuato dalla Polizia Locale. Storia finita? Niente affatto.
A seguito di uno dei tanti esposti di Bianchi, il sostituto procuratore Gregorio Capasso titolare del fascicolo a carico della donna di Cori, delega i carabinieri del Nucleo forestale e investigativo di Latina per gli accertamenti del caso. In base alle indagini svolte sarebbe emerso che nella documentazione del Comune di Cori mancava un elemento ritenuto essenziale per una sanatoria ex articolo 33: eccepita l’assenza di un preventivo accertamento strutturale che motivasse il pregiudizio dell’intera struttura qualora si fosse proceduto alla demolizione del portico. Perché con l’articolo 33 si salvano quegli abusi edilizi la cui rimozione pregiudica la staticità del fabbricato, pagando il doppio del valore dell’immobile. Ecco appunto il doppio del valore dell’immobile che nel caso specifico con sarebbe coincidente a 4.000 euro ma a ben 25mila euro, come computato dal responsabile unico del procedimento e conservato agli atti.
Iscritti nel registro degli indagati l’ingegnere Cerbara e la donna in concorso per abuso d’ufficio, truffa ai danni del Comune di Cori e falso. Gli atti saranno trasmessi da via Ezio alla Procura presso la Corte dei Conti per ipotesi di danno erariale.