La macchina che doveva tenerlo in vita lo ha condannato all’epatite C. Il Tribunale non ha ancora emesso la sentenza ma una perizia dà ragione al malcapitato, un 67enne di Sabaudia che cinque anni fa ha iniziato ad affrontare una grave insufficienza renale presso il centro trasfusionale dell’ospedale Santa Maria Goretti di Latina dove è tuttora in cura, a parte un altro accesso in una struttura privata pontina.
L’uomo, prima di iniziare la dialisi, viene sottoposto a test epatici che risultano negativi. “Il Goretti pretende correttamente che l’uomo non abbia virus che possano contagiare altri dializzati – spiega l’avvocato Renato Mattarelli che lo rappresenta in una causa in corso –
Purtroppo però è proprio il 67enne che verrà contagiato visto che solo 4 mesi dopo (aprile 2012) risulterà positivo al test dell’epatite C”.
Il consulente medico-legale del Tribunale di Latina, dove si svolge la causa promossa dal 67enne, nella sua perizia appena depositata, ha accolto la tesi dell’avvocato Mattarelli e della nota genetista Carla Vecchiotti, perito di parte: “Il contesto potenzialmente infettivo di un centro di dialisi, l’assenza di altre cause di contagio, l’assenza di virus prima dell’inizio della dialisi al Goretti – spiega Mattarelli -, l’immediatezza del riscontro virale a pochi mesi dall’inizio della terapia individuano nella dialisi l’unica causa di trasmissione del potente è pericoloso virus”.
La tesi sostenuta dall’avvocato Mattarelli, e che sarà discussa nell’udienza del 28 febbraio prossimo, è che la dialisi è di fatto una trasfusione di sangue autologo con la conseguenza che in caso di infezione, come nel caso dell’uomo di Sabaudia, è riconoscibile al danneggiato l’indennizzo previsto dalla legge n. 210/1992 in favore dei soggetti danneggiati da vaccinazioni e trasfusioni di sangue infetto. Sul piano sociale si tratterebbe di un’importante innovazione che permetterebbe anche ai dializzati contagiati di accedere all’indennizzo costituito da un assegno mensile di circa 800/1000 euro (a seconda della gravità) per tutta la vita.
In Italia sono attualmente pochi questi casi portati davanti ai tribunali nonostante la Suprema Corte abbia affermato chiaramente nel 2013 che “…l’indennizzo comprende anche l’ipotesi in cui il contagio sia derivato dalla contaminazione del sangue proprio del contagiato durante un’operazione di emodialisi, a causa di una insufficiente pulizia della macchina per emodialisi dalle sostanze ematiche lasciate da altro paziente, con la conseguenza che al contagiato compete l’indennizzo…”.
Indipendentemente dalla sentenza del giudice, auspicabilmente di accoglimento del ricorso del 67enne, l’avvocato Mattarelli citerà in giudizio l’Asl di Latina per il risarcimento dei danni da infezione nosocomiale sul presupposto di già accertato nesso di causalità fra dialisi e infezione come accertato nella perizia del processo in corso per l’ottenimento dell’indennizzo legge 210/1992. “Comunque sia – commenta l’avvocato Mattarelli -, la vita dell’uomo di Sabaudia e della sua famiglia è andata distrutta”.