Ho aspettato, ho aspettato due giorni, perché i difensori da tastiera delle donne si esprimessero per la povera Deborah Ballesio, uccisa dal marito a colpi di pistola, a Savona.
L’uomo nella sparatoria ha ferito una bambina di 3 anni e altre due persone. Eppure nessuna dichiarazione per ottenere una sentenza severa, per stigmatizzare l’accaduto.
Deborah non esiste, come non esistono neanche le altre donne per le quali però si urla a voce alta tutta l’amarezza, la repulsione verso atti sanguinosi e tanto odiosi. Perché non sono le donne ad essere importanti, ma chi le uccide. Se può far comodo sono dei “luridi assassini”, se no anche il silenzio va più che bene.
Le donne non esistono ancora nella nostra società se, quando non servono, sono dimenticate e il dolore resta privato. Invece questa morte, come tutte le altre, va urlata perché è una profonda ingiustizia creata da un retaggio culturale. E questa mattanza va fermata, con tutto l’impegno possibile.
Non è pentito, ha detto l’ex marito, dopo essersi costituito sparando tre colpi di pistola contro il carcere di Savona. Lo avrebbe fatto per soldi ha spiegato nell’ultimo tentativo di infamare anche la memoria della moglie “colpevole” a suo dire di avergli preso una somma di denaro nascosta in casa. Eppure aveva già patteggiato una pena per danneggiamento e stalking (atti persecutori nei confronti della ex moglie), a 3 anni e 2 mesi. Aveva il divieto di avvicinamento alla ex moglie, ma l’aveva minacciata che sarebbe tornato per ucciderla. Lei aveva raccontato tutta la sua storia innumerevoli volte alle forze dell’ordine e anche in un manoscritto. Era consapevole che sarebbe morta per mano del suo ex marito. Una Cassandra moderna di cui però nessuno sembra aver bisogno.