Una notizia buona e una cattiva per il sindaco di Sperlonga Armando Cusani. La doccia fredda è arrivata nella tarda mattinata di oggi quando il Gip Giuseppe Cario ha sciolto la riserva sulla richiesta di scarcerazione, presentata dagli avvocati Luigi Panella e Corrado De Simone, al termine dell’interrogatorio di garanzia, rigettandola e non accordando neanche i domiciliari. Del resto il giudice Cario era stato granitico nella sua ordinanza di custodia cautelare relativa all’inchiesta Tiberio, evidenziando a più riprese la sussistenza del pericolo di reiterazione del reato, attuale e concreto, e del pericolo di inquinamento probatorio, concreto e attuale ritenendo inadeguata la misura dei domiciliari anche con controllo elettronico poiché “capace di intraprendere ogni pressione o iniziativa che lo possa favorire, con modalità particolarmente caute che lo descrivono come “attento ad eludere ogni forma di controllo”. Cusani per il Gip doveva e deve restare in carcere. Insomma, non avrebbero sortito alcun effetto ai fini del venir meno le esigenze cautelari né la “verità” fornita dall’indagato nel corso dell’interrogatorio di garanzia né le risultanze delle indagini difensive depositate dai suoi avvocati.
Cusani ora dovrà ricorrere al Tribunale del Riesame, difendendosi dalle accuse di turbata libertà degli incanti per l’appalto di Villa Prato e di corruzione per lo stesso appalto e per il suo albergo di famiglia, nel primo caso per favorire un cartello d’imprese e nel secondo per far chiudere un occhio ai responsabili dell’ufficio tecnico evitando l’emissione di un ordine di demolizione degli abusi. L’udienza per l’annullamento dell’ordinanza di misura cautelare è in programma per venerdì prossimo.
Ma da Roma oggi è arrivato un raggio di sole per le sorti giudiziarie di Cusani. La Corte d’Appello, III sezione penale, ha riformato la sentenza del Tribunale di Latina che lo aveva condannato ad un anno e due mesi per abuso d’ufficio. La sentenza che per prima gli costò la poltrona di presidente della Provincia di Latina per effetto della legge Severino. Il processo di secondo grado per la storia della comandante della Polizia Locale, Paola Ciccarelli, che secondo l’accusa sarebbe stata “rimossa” perché ritenuta scomoda e non in linea con gli ordini di palazzo indirizzati verso la copertura di abusi edilizi, si è concluso con un non luogo a procedere per prescrizione di tutti i capi d’imputazione.
La difesa di Cusani ha precisato che i fatti contestati a Cusani in questo procedimento sono in parte precedenti al 2006, per i quali sicuramente è intervenuta la prescrizione, e in parte successivi fino al 2010 per i quali o la Corte d’appello li ha ritenuti prescritti o insussistenti accogliendo la richiesta del procuratore generale che ne aveva chiesto l’assoluzione. Ad ogni buon conto, visto il pronunciamento di non luogo a procedere per prescrizione, l’avvocato Palella ha riferito che Cusani, con molta probabilità, ricorrerà in Cassazione per una sentenza di assoluzione piena.