I Commissariati di Polizia di Terracina e Fondi hanno portato a termine un’operazione di polizia giudiziaria, dando esecuzione a misure cautelari personali e reali nell’ambito di un’operazione contro il lavoro nero e lo sfruttamento dei braccianti, vittime del capolarato.
Gli elementi probatori acquisiti hanno consentito di documentare situazioni di sfruttamento che riguardano circa 100 lavoratori agricoli, ma che, per la vastità e sistematicità messa in campo dagli indagati, costituiscono il campione di un ” sistema” potenzialmente in grado di essere replicato su vasta scala nello sfruttamento degli immigrati, tra i quali si annoverano anche soggetti richiedenti protezione internazionale.
Gli approfondimenti investigativi hanno permesso di accertare l’esistenza di pratiche del tutto illegali nella filiera agroalimentare e di smascherare le illecite attività di intermediazione e lo sfruttamento del lavoro – c.d. “caporalato” – tra Terracina – Fondi – Monte S. Biagio – Sabaudia – S. Felice Circeo e Maenza.
Le investigazioni hanno avuto inizio nel maggio 2018 a seguito di una protesta, del tutto pacifica, da parte di alcuni immigrati, ospiti di alcuni Centri di Accoglienza Straordinaria, per richiamare l’attenzione sulle condizioni di sfruttamento a cui erano sotto posti e sui soggetti che ne ricavavano lauti guadagni grazie alla loro manodopera.
Tra i nove soggetti indagati, sette sono imprenditori e soci di aziende agricole operanti sul territorio pontino, mentre altri due indagati sono di origine straniera.
Il gip ha quindi disposto la misura del controllo giudiziario di cinque aziende agricole, nominando un amministratore giudiziario che affiancherà i titolari delle aziende per garantirne una conduzione conforme alle leggi, senza ricadute negative per l’occupazione e l’economia legale.
Mentre, nei confronti dei due indagati di origine straniera, che rappresentavano il collegamento tra gli immigrati e gli imprenditori, è stata emessa la misura cautelare coercitiva del divieto di dimora nella provincia di Latina.
L’articolato modus operandi emerso dalle indagini ha evidenziato una nuova metodologia di sfruttamento, perfezionata per eludere i controlli delle forze dell’ordine a seguito di precedenti analoghe indagini condotte sul territorio.
Infatti, gli imprenditori si avvalevano di stranieri per il reclutamento ed il trasporto dei braccianti, che venivano ingaggiati tra gli immigrati di origine indiana e bengalese, da impiegare anche come caporali sui campi di lavoro.
Gli indagati sopperivano alle reciproche esigenze di manodopera facendo trasportare gli stranieri da un campo all’ altro, stipati sui furgoni in quantità che è risultata essere doppia se non addirittura tripla rispetto al numero consentito, mettendone concretamente a rischio l’incolumità.
Mirati controlli operati per acquisire elementi a riscontro dell’ipotesi investigativa hanno consentito di accertare la rotazione itinerante dei braccianti agricoli che venivano assunti “in quote” ripartendoli tra le Aziende agricole.
Per ogni bracciante venivano redatte buste paga ad hoc con somme esigue che si discostavano notevolmente dalle prestazioni effettive rese. In buona sostanza emergeva che, tra le varie casistiche analizzate, per ogni singolo la voratore, si configurava un indice di sfruttamento economico.
Le prestazioni lavorative, contrariamente a quanto previsto dal CCNNLL, venivano infatti calcolate a cottimo, a fronte di una giornata lavorativa dall’ alba al tramonto.
Nessuna maggiorazione salariale era corrisposta in caso di straordinario o di lavoro nei giorni festivi, mentre i giorni di ferie e la malattia erano contemplati come astensione volontaria dal lavoro e pertanto non retribuiti.