Mentre infuria la polemica dei segretari comunali sulla Riforma Madia che abolisce la categoria, il parere – datato 6 ottobre 2016 – del Consiglio di Stato sul decreto piomba nel Comune di Latina poggiandosi come un corvo sulla spalla di Rosa Iovinella. Proprio lei, la giovane segretaria generale arrivata dalla municipalità di Bologna per gettare il cuore oltre l’ostacolo insieme al sindaco Damiano Coletta, che per la missione le ha conferito subito anche l’incarico di direttore generale ipotizzando poi, per la stessa, il ruolo aggiunto di responsabile per la prevenzione della corruzione arrivato con decreto l’11 ottobre scorso.
In base alla Riforma, il direttore generale non potrà più essere presente nelle Province, essendo espressamente consentito solo nelle città metropolitane, oltre che nei comuni con oltre 100.000 abitanti, Latina compresa visto che di abitanti ne conta oltre 120mila. Il Consiglio di Stato, tuttavia, “segnala la necessità di meglio chiarire i rapporti tra dirigente apicale e il direttore generale”. La disposizione in esame “scinde, per il direttore generale, la funzione di garanzia della legalità da ogni possibile commistione gestionale”. Per il dirigente apicale, sembra invece ammettere entrambe le funzioni. Insomma, Palazzo Spada evidenzia che il direttore generale è figura eventuale, caratterizzata dalla competenza esclusivamente operativa e che solo il “dirigente apicale” può cumulare funzioni di coordinamento ed operative, con quelle di garanzia della legalità dell’azione amministrativa.
Sulla doppia veste di direttore generale e responsabile dell’anticorruzione di Rosa Iovinella sono stati sollevati molti dubbi da parte dell’opposizione che ha sostenuto a più riprese l’ipotesi d’incompatibilità tra i due incarichi nel classico rapporto di controllato e controllore. L’esecutivo del sindaco ha replicato con fermezza sulla regolarità e legittimità della scelta effettuata. Il vice sindaco Paola Briganti, con delega alla legalità e trasparenza, chiamata a riferire davanti alla competente commissione consiliare aveva sostenuto, il 29 settembre scorso, che nella normativa vigente non vi era alcuna indicazione contraria. Più articolata la difesa, del 2 ottobre, affidata all’assessore al personale Antonio Costanzo che a sostegno della tesi sulla compatibilità tra le due funzioni aveva anche citato esempi di altre città. Sarà interessante capire, alla luce del successivo parere del Consiglio di Stato, quale strada intenderà percorrere l’amministrazione comunale e in particolare il sindaco.