“Arriva la riforma della crisi d’impresa, voluta dalla UE, che dà rilievo al nuovo istituto della composizione negoziata. Criticità soprattutto per le piccole-medie imprese (p.m.i.)”.
E’ quanto afferma Efrem Romagnoli – esperto in ambito concorsuale e già Presidente dell’Ordine dei Commercialisti di Latina, che illustra queste criticità:
“Sono troppo bassi i limiti dai cui scattano le segnalazioni. Basta superare €5.000 di debiti IVA, INAIL, INPS scaduti e non versati, e parte la segnalazione sulla probabile insolvenza dell’azienda da parte dell’Amministrazione Finanziaria.
Eppure, tutti sanno che, in periodi di crisi può capitare, anche nella nostra provincia, di ritardare il versamento dell’IVA o di altre imposte, per pagare stipendi, utenze e fornitori. Se la negoziazione non si perfeziona, c’è il “nuovo” Concordato liquidatorio semplificato, che fa vendere l’azienda. Ma, con questa situazione economica, le cessioni di imprese italiane (come per i lidi balneari – vedi Bolkestein), sarebbero molto probabilmente appannaggio di grandi gruppi, soprattutto stranieri.
Oltre allo stato di insolvenza probabile arriva la piattaforma digitale che indicherà all’impresa di attivare la negoziazione della crisi, cioè una proposta di accordo da inviare ai i creditori. Ma fornitori, banche e dipendenti come reagiranno alla notizia di questo stato di difficoltà? Oggi, l’insolvenza “effettiva”, e non probabile, è accertata solo dal Tribunale con un procedimento caratterizzato da riservatezza e avviato su ricorso del creditore”.
Per Romagnoli ci sono due rischi: “Gli automatismi introdotti danneggiano soprattutto le p.m.i. italiane, perchè ne limitano la libertà (di cui all’art.41 Cost)., frustrano le esigenze di elasticità/creatività, e ignorano le specificità strutturali e territoriali.
E la digitalizzazione nella crisi d’impresa, potrebbe poi arrivare a sostituire il Giudice Fallimentare – portatore di una valutazione calata nella specifica realtà economico-sociale del territorio – con un asettico software. “Quanto ai dati – aggiunge Romagnoli – si registra una riduzione dei fallimenti che, ci piace pensare, sia frutto della ponderazione dei magistrati.
Al di là di ogni ipotesi, è un fatto che a Latina, i fallimenti sono passati dai 109 del 2018, agli 83 del 2019,(con una media annua ante Covid di 96), ai 65 del 2020 e ai 68 del 2021 (con una media annua durante la pandemia di 67), cioè ridotti in media del 30%”.
Non servono quindi standardizzazioni informatiche (peraltro già proposte dalla Commissione Rordorf e accantonate), scollegate dalla realtà del nostro tessuto produttivo e pericolose per la sopravvivenza, in autonomia, delle p.m.i.
Queste ultime, invece, vanno normativamente salvaguardate dal neo capitalismo globale, portatore di un mercato omologato, popolato solo da multinazionali e controllato dalla finanza.
A questo punto – conclude Romagnoli – serve un cambio di paradigma nelle scelte governative e legislative, passare da “lo vuole l’Europa” a…. “lo vogliono le nostre piccole – medie imprese”.