Ne era sempre stato convinto l’avvocato Pasquale Cardillo Cupo, difensore di Pasqualino Fabbricatore, insieme all’avvocato Roberto Salvatore Palermo, che la situazione delle baby squillo era tutt’altro che chiara e prossima a profondi stravolgimenti. Ieri in tarda serata il Gip ha disposto la scarcerazione di Fabbricatore, 20enne di Minturno, arrestato il 31 maggio scorso con l’accusa di sfruttamento della prostituzione minorile ai danni di due ragazze. Un’inchiesta finita alla Direzione distrettuale antimafia di Roma per competenza e per la gravità dei fatti rappresentati attraverso l’esito delle indagini svolte dal Commissariato di Formia e della Squadra Mobile di Latina.
Secondo gli inquirenti era emerso che le due ragazze, marinata la scuola, erano state indotte a prostituirsi anche al ritmo di tre volte a settimana. Successivamente a seguito del loro rifiuto, erano costrette nell’attività di meretricio sotto la minaccia di morte, qualora non avessero ceduto alle richieste dell’aguzzino. A fornire i clienti per le due minorenni sarebbe stato Fabbricatore che avrebbe scelto anche il luogo degli incontri per il sesso a pagamento. Per ogni prestazione era stabilito il pagamento di 100 euro, da dividere equamente con le minori.
Un quadro smontato dalla difesa del giovane minturnese che in due settimane ha fornito alla Dda fiumi di documenti volti a far emergere ben altra verità. Il lavoro investigativo della difesa avrebbe convinto la Dda che ha quindi chiesto e ottenuto dal Gip il ridimensionamento della misura cautelare del 20enne, ora ai domiciliari.
“Abbiamo depositato – afferma Cardillo Cupo – un’imponente mole di documenti ed allegati, tra cui numerosi messaggi scambiati sui social network nei periodi di interesse, in cui le giovani ragazze coinvolte nella vicenda erano tutt’altro che sfruttate… Appuntamenti dati ai giovani coetanei, anche in compagnia di amici ‘opportunamente selezionati’ dalle stesse ragazze per mero piacere, tutt’altro che a pagamento e richiesti e sollecitati dalle stesse nei luoghi pubblici della città di Formia, senza alcuna remora ed anche alla presenza dei fidanzati ufficiali. E se uno degli ‘sfruttatori’ si fosse permesso di criticare l’atteggiamento fin troppo libertino delle giovani, ecco arrivare minacce esplicite di essere presi a calci nelle parti intime da loro stesse, ‘fino a sfondartele’. Questi i messaggi delle vittime soggiogate e sottomesse ai loro ‘aguzzini’. Altro che protettori, facoltosi clienti e favole costruite a tavolino”. Tra le prove prodotte dalla difesa al pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia anche una rivelazione choc del presunto testimone che avrebbe ammesso di aver incontrato e preparato le ragazze molto prima che le stesse andassero in Polizia a fare la denuncia. Denuncia sporta “per ‘incastrare’ l’odiato Fabbricatore, termine utilizzato a più riprese anche in messaggi riservati, entrati in possesso della difesa e sui quali si evitano commenti impietosi – dichiara Cardillo Cupo – nella ferma certezza della buona fede di chi ha operato in una vicenda torbida e che si sta palesando clamorosamente falsa ed inventata a tavolino da giovani senza scrupoli”. “Mentre la città attendeva i nomi dei facoltosi professionisti che andavano ‘sugli scogli’ o nei ‘tuguri’ e qualcuno cercasse di darsi un tono di legalità – sottolinea l’avvocato -, si acquisivano le prove della falsità dei racconti”.
Le indagini della Polizia erano partite dalla denuncia di allontanamento dalla propria casa di una delle due minorenni. Una denuncia sporta dai genitori. A seguito di ricerche, la giovane era stata rintracciata dopo una notte trascorsa nell’abitazione di un magrebino, finito denunciato per aver abusato sessualmente sulla ragazzina.
“E così lo stupratore marocchino – spiega l’avvocato – si scopriva essere un padre di famiglia, sposato, con due figli ed una ben avviata attività imprenditoriale da anni in quel di Minturno, scagionato dalla stessa accusatrice che in occasione di un pestaggio punitivo dei suoi familiari proprio a danno del marocchino (prontamente denunciato ai Carabinieri alla presenza di vari testimoni) confessava che non fosse lui l’autore della fantomatica violenza”.
“Il provvedimento del Gip tuttavia – secondo i difensori – non basta minimamente a fare giustizia”. Gli avvocati infatti annunciano “ad ore il Ricorso al Tribunale della Libertà per restituire dignità al giovane, vittima delle calunnie di giovani senza scrupoli ancor prima che di scarsa morale”.
“Serva questa vicenda di monito – ha concluso l’avvocato Cardillo Cupo -, soprattutto quando è in gioco la vita di giovani adolescenti, nello specifico di un ragazzo che mentre secondo le favole guadagnava 1.000 euro al giorno con le sue protette cercava, nella realtà, lavoro a Roma come barista o come commesso, come provato con documenti incontestabili… Intanto ci si rassegni: i nomi dei facoltosi professionisti e dei ricchi imprenditori da ‘scoglio’ o da ‘tugurio’ non arriveranno mai perché non sono mai esistiti”.